Nella storia della bambina di Caivano nessuno se ne può completamente tirare fuori e in qualche modo è una chiamata in correo.

Avevo giurato di non farlo. Perché il lungo corridoio nero in cui si sono di volta in volta arrotolate e srotolate le notizie, i dibattiti, le posizioni individuali, il giornalismo, il voyeurismo, la morbosità, l’appartenenza, il parlato e il virtuale, quel lungo corridoio in cui abbiamo inciampato nostro malgrado e che ci ha condotto infine a varcare la porta che divide dall’orrore, non può fare che male.

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