La prendo da lontano. La premessa è che in modo alcuno sto per fare l'elogio della letteratura impegnata-impegnatissima-militante. Sempre più spesso, anzi, non riesco a nascondere non solo il fastidio, ma l'incazzatura profonda quando mi imbatto in chi cavalca, per dire, il femminicidio nel proprio libro per autoproclamarsi cantore o cantrice delle donne. Le donne non hanno bisogno di cantori ma di narratori, come tutti (e se state per dirmi che io stessa ho scritto tre libri e mezzo sull'argomento, la risposta è quella che ho già dato infinite volte: non ho mai, mai, mai avuto la pretesa di parlare a nome delle altre, ma solo di restituire quello che osservavo, e punto).

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