L'emergenza mondiale, con quel che sta accadendo a #Fukushima, è sempre più vicina al punto di non-ritorno - con buona pace di chi grida alle bufale, che in parte ci sono sempre, ma in buona parte tali non sono. Ancor prima di pensare a tutto ciò, nel suo ultimo editoriale Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink, scriveva: Si stanno esaurendo le materie prime e ora è una corsa contro il tempo per accaparrarsi gli ultimi giacimenti. La lotta ecologica è prima di tutto una lotta per un nuovo modello di sviluppo sostenibile ed è quindi anche lotta per la pace oltre che per la salute e l'ambiente. Ecco perché oggi dobbiamo costruire un asse fra il movimento ambientalista e quello per la pace. Vero! è insensato e inefficiente che le battaglie per la pace e per la sopravvivenza ambientale vengano trattate separatamente; ma c'è un terzo punto che non va disgiunto dai primi due: perché anch'esso è inestricabilmente connesso alle politiche predatorie e di guerra, ed è quello che chiude il cerchio.
appello-per-la-terra
E' la lotta contro la disequità di genere - e contro ogni discriminazione sessuale - e dunque per eliminare la violenza globale contro la parte femminile dell'umanità. Che ha fra i suoi corollari strettamente collegati anche la violenza contro chiunque non sia omologato con il modello patriarcale dei ruoli (primi fra tutti i gay). Il rapporto di questi nodi con la distruzione operata da guerre e disastri ecologici ha un'evidenza elementare: eppure è ancora incomprensibile ai più. Alla fine del suo pezzo scrive Marescotti: Faremo la guerra per sempre. A meno che non costruiamo un modello sostenibile di sviluppo basato sul risparmio, il recupero, il riuso, il riciclaggio e la riconversione. E - aggiungiamo noi - sulla piena cittadinanza di una metà dell'umanità, che ora è in grandissima parte del pianeta ridotta in stato subalterno, se non addirittura in schiavitù. Concludendo il suo pezzo, anche Marescotti esprime un condivisibile stupore: mi hanno stupito le tante persone che ho incontrato e che non comprendono come la lotta per la chiusura dell'Ilva sia prima di tutto una lotta per la pace oltre che per la salute e l'ambiente. Alcuni mi chiedono se l'Ilva produca acciaio per le armi. Non è questo il problema: la guerra non è provocata dalle armi, ma da questo sviluppo.
E' proprio così: quello sviluppo che Vandana Shiva chiama "l'economia dello stupro", là dove dice anche: ho più volte sostenuto che lo stupro della Terra e lo stupro delle donna sono intimamente connessi, sia metaforicamente, nel modo di cui si costruisce la visione del mondo, sia materialmente: nel modo in cui si costruiscono le vite quotidiane delle donne. Invitiamo tutti gli attivisti per la pace, la sostenibilità ambientale a considerare con molta attenzione il contesto in cui Vandana dice questa frase.
Ricordando che non solo la storica esclusione delle donne dalle decisioni è un pilastro del disequilibrio che attanaglia il Pianeta, e non solo sono proprio le donne che pagano il prezzo più alto delle emergenze sempre più ravvicinate: ma sempre le donne sono anche preziosa chiave per scardinare questo sistema della distruzione.

Cosa che non hanno dimenticato di ricordare le donne per il clima nel loro recente appello per azioni urgenti (qui anche in italiano) - che è una proposta precisa che chiama tutte e tutti a impegnarsi in prima persona: nel privato, nella professione e in politica, e soprattutto a fare pressioni sulla politica. Ottimo suggerimento, visto che, come ha scritto un noto giornalista mentre era in corso la Conferenza di Varsavia sul clima di pochi giorni fa: “la questione ambientale sembra gravare sulle sole spalle degli individui e delle associazioni ambientaliste, perché sui politici non si può davvero far conto.”
Michele-Serra-politicafemminile
A maggior ragione apprezziamo che una parlamentare di questo appello si sia accorta, rilanciandolo per il #25novembre sul suo blog; è la senatrice Laura Puppato.
Ma dopo Puppato ci auguriamo che tutta la politica esca dal silenzio, e che lo faccia non solo a parole. La scienza si è espressa chiaramente: non c'è più dibattito. Il momento di agire è: ora.