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- Categoria: Mario De Maglie
- Pubblicato: 13 Novembre 2013
Si avvicina il 25 Novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e il fermento intorno comincia a farsi sentire, soprattutto per chi lavora nei contesti del maltrattamento domestico. Una data è pur sempre soltanto una data, quel che si vuole ottenere è un riconoscimento del fenomeno ed una analisi del lavoro fatto e del lavoro da fare, attraverso una giornata simbolica e catalizzatrice.
La vita è ricca di momenti importanti che tutti pensiamo sia opportuno ricordare a modo nostro, di conseguenza nulla di strano se qualcosa di simile si ha in un ambito sociale e culturale allargato.
La necessità di trovare o meno un momento dove far convergere iniziative, riflessioni, dibattiti è un qualcosa che però va pensato con cautela. Senza nessuna intenzione di sminuire il valore del 25 Novembre, anzi non smettendo mai di sottolineare, in ogni momento e luogo possibile, l’importanza del lavoro sul campo di centinaia di operatori e persone sensibili alla tematica, bisogna prendersi l’impegno ad evitare ogni inutile retorica. La violenza non si combatte istituendo un “giorno contro”, ma operando 365 giorni l’anno attraverso cultura, educazione, sensibilizzazione.
Ormai l’istituzione di giornate mondiali a favore di qualcuno o qualcosa è una prassi fin troppo utilizzata, su wikipedia trovo un elenco delle giornate internazionali e ne conto ben 82. Non sono neanche sicuro siano tutte. Il rischio della retorica, in un contesto del genere, diventa fin troppo concreto.
Il 25 Novembre mi tocca da vicino perché è la giornata dedicata ad un aspetto della mia vita personale e professionale non meno presente negli altri 364 giorni. Ogni giorno è una giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, solo comprendendo questo è possibile non togliere senso al 25 Novembre.
Espressioni frequenti quali “festeggiare e celebrare la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” mi lasciano uno stato di dissonanza interno che non riesco a mettere a tacere. Rendere un clima di festa quando si parla di violenza, anche se si parla della sua eliminazione, non fa giustizia alla drammaticità del maltrattamento. Sebbene necessario utilizzare un linguaggio positivo e propositivo, anche quando si parla del dolore e della violenza, è altrettanto necessario trovare un equilibrio nell’accostare le parole tra di loro per dare il giusto peso a quello di cui si vuole parlare senza appesantimenti evitabili, ma anche senza alleggerimenti inopportuni.
Non è una giornata di festa, ma una giornata che deve puntare alla presa di consapevolezza e all’operatività. Il verbo festeggiare, a mio avviso, mal si coniuga con il ricordo e l’assunzione di responsabilità, costanti necessarie per un cambiamento reale.
25 Novembre in bilico tra retorica e consapevolezza, ad ognuno la scelta di dove far pendere l’ago della bilancia.
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