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- Categoria: Massimo Lizzi
- Pubblicato: 17 Gennaio 2014
L'Humanité - Traduzione di Maria Rossi
[...] Incontro con Laurence Noëlle che all'età di 17 anni finisce in strada e diventa un'ombra fra le ombre. L'autrice di Renaȋtre de ses hontes racconta anni di drammatiche esperienze e di tentativi di sfuggire al sistema prostituente.
Laurence Noëlle ci accoglie in salotto, in Bretagna. Accavalla le gambe e sprofonda nel divano. Racconta, anticipa spesso le domande, si espone. E' rimasta in silenzio per 28 anni. Poi, nell'aprile 2013, è uscita dall'ombra pubblicando il libro Renaȋtre de ses hontes. A 46 anni affida alle pagine del libro tutti quegli anni di violenze, di abusi sessuali e di prostituzione, l'esperienza "più distruttiva" della mia vita. Penalizzazione dei clienti, abolizione della prostituzione o, ancora, "libera scelta" delle persone che affittano il proprio corpo, Laurence Noëlle entra nel merito dell'attuale dibattito e offre, a viso scoperto, una testimonianza dell'inferno della prostituzione. Un modo, per lei, di dare l'esempio alle donne che rimangono ancora chiuse nella loro sofferenza. Oggi, questa formatrice professionale ritiene di essere la prova vivente che da questo inferno si possa uscire e si possa compiere un percorso di autorealizzazione.
Qualche anno fa, Lei ha raccontato la sua esperienza nella prostituzione a viso coperto. Perché oggi si mostra pubblicamente?
Laurence Noëlle: Avere il coraggio di mostrarmi fa parte del mio percorso verso la guarigione. Non è che si esce immediatamente da una situazione difficile perché si capisce quel che ci sta accadendo. Ho avuto bisogno di percorrere una tappa per volta. Prima di scrivere questo libro, non mi sarei mai mostrata in pubblico. Provavo troppa vergogna. Ma dopo la sua pubblicazione, confesso di essere ancora molto turbata. Ho continue sinusiti, nausee. Non posso ingannare nessuno: il mio corpo esprime disagio. E' come se subissi una depurazione ancora più profonda. E' doloroso per me uscire dall'ombra. Ma bisogna pure che qualcuno inizi. Lo faccio perché altre si sentano autorizzate a farlo. Per dire che è possibile uscirne, che è possibile crearsi una vita diversa, che è possibile uscire dalle violenze che abbiamo subito.
Molte persone idealizzano la figura della call-girl. Lei ha usato parole dure per descrivere la prostituzione, che ha vissuto
Laurence Noëlle: Lavoravo in via Saint-Denis a Parigi. Ero giovane e carina. Carne fresca. Ogni giorno avevo una trentina di rapporti sessuali. Mi ricordo che le donne che si prostituivano da più tempo erano molto gelose perché non avevano quasi più rapporti. Ero un automa che saliva e scendeva in continuazione dalle auto dei clienti. Nel momento stesso in cui sono finita sul marciapiede, sono diventata un'ombra fra le ombre. Ho perso la mia dignità di persona. Una parte di me è morta. Ero diventata un oggetto, un rifiuto, esattamente come lo ero stata all'inizio della mia vita. Ero soltanto vergogna e umiliazione. Sembra più bello definirsi call-girl che prostituta. Ciò non toglie che si tratti di una strategia di evitamento della vergogna. Anche le call-girls si detestano, ma ritengono di valere perché hanno clienti benestanti. Ma il pagamento di denaro da parte di un cliente costituisce di per stesso una violenza. Quando si compra qualche cosa, si ha il diritto di essere esigenti.
Lei scrive nel suo libro che la prostituzione è stata l'esperienza più distruttiva della sua vita. Come ha fatto a sopportarla?
Laurence Noëlle: La sopportavo bevendo e drogandomi. Sono anestetizzanti. C'è la prostituta: l'oggetto. E c'è l'essere umano. Si opera una dissociazione. Provavo ribrezzo per me stessa. Dopo ogni rapporto, mi precipitavo in doccia, tanto mi sentivo sporca. Umiliata. Dovevo allora bere un altro bicchiere o farmi un'altra pista di coca. Tutto il corpo e in particolare la vagina mi faceva terribilmente male. La prostituzione non è quel che accade nel film Pretty Woman. Quando ero sul marciapiede, ho aspettato un Richard Gere. Non è mai venuto a salvarmi.
Che pensa delle persone che affermano di prostituirsi per libera scelta?
Laurence Noëlle: Lo dicevo anch'io quando c'ero dentro. Per farsi accettare dalla società, è meglio parlare della propria libera scelta che evocare il proprio dolore. Tutti dicono che ci prostituiamo per libera scelta. Questo mi fa pensare agli alcolisti. Essi affermano di saper gestire la propria situazione. Chi ne esce confessa di aver sofferto. Quando si è dentro la prostituzione, non si vede nulla, si nega tutto. Quando eravamo piccole, non sognavamo forse di fare le dottoresse o le panettiere? Che ne abbiamo fatto dei nostri talenti e delle nostre qualità? Non penso che fare un pompino sia il sogno di una bambina. La prostituzione consiste nell'affittare il proprio corpo a qualsiasi uomo lo desideri. E non sono tutti Brad Pitt. Chieda ad una donna che si ama, che si stima di prostituirsi. Non lo farà, nemmeno se è povera.
Com'è finita nella prostituzione?
Laurence Noëlle: La prostituzione è una scelta disperata. Sono caduta in una rete di magnaccia. Ero una preda ideale: una ragazzina povera, abbandonata a se stessa, bisognosa di affetto. Poiché da bambina ho subito abusi sessuali, mi sono percepita come un oggetto schifoso e ripugnante. Mi disprezzavo. In tal caso, perché concedersi il diritto alla felicità? La prostituzione era anche un modo per punirmi. Mi sentivo in colpa fin da piccola. E poi, adottando una strategia di sopravvivenza, mi dicevo di lasciare che gli altri mi facessero quello che volevano e di tacere. Non volevo essere lasciata. Avevo 17 anni ed ero sola. Preferivo prostituirmi piuttosto che perdere l'affetto della mia sfruttatrice e del mio sfruttatore. Temevo anche le loro minacce. Ho rimpianto spesso di non essere fuggita prima. Ero così convinta di essere capace soltanto di prostituirmi! Non mi è mai venuto in mente di rivolgermi alla polizia.
La prostituzione è una violenza di gravità pari all'incesto che ha subito?
Laurence Noëlle: E' la stessa cosa. Ha lo stesso significato. Lascia che ti facciano quello che vogliono e taci. Faccio quello che voglio di te. In un rapporto normale, c'è il rispetto reciproco, c'è lo scambio. Non c'è una persona che intima all'altra di aprire le gambe, che esige un pompino. Che ne è del desiderio dell'altra, che ne è dell'amore? Non c'è amore nella prostituzione.
Non è esagerato affermare che spesso le persone prostituite hanno subito violenze nell'infanzia?
Laurence Noëlle: No, non lo è. Tutte le donne dell'ombra che conosco hanno vissuto storie orribili. Avendo subito abusi sessuali nell'infanzia, da adulte, sviluppano comportamenti distruttivi. E' l'umiliazione che ci fa credere di essere soltanto degli oggetti, di essere disprezzabili. Perché una ragazza lavorerà da MacDonald's per pagarsi gli studi e un'altra si prostituirà? La differenza è che la prima si rispetta, ha un buon grado di autostima, la seconda no. Se amo me stessa, mi rispetto. Non affitto il mio corpo a chiunque.
Alcuni parlano della riapertura delle case chiuse, della regolamentazione. Che ne pensa?
Laurence Noëlle: Il dolore per le persone prostituite rimarrà lo stesso. I clienti saranno sempre gli stessi, con le stesse pretese, le stesse fantasie. Si parla spesso della prostituzione con vocaboli edulcorati. Si discute per stabilire se si tratta di un lavoro, si invoca la libertà. La verità è soffocata. Si dice che alle prostitute piaccia quel che fanno. Ma come può piacere il fatto di avere una trentina di rapporti sessuali per notte con uomini di ogni genere, di qualsiasi età e classe, bassi, alti, grassi, magri, aggressivi, perversi, dipendenti dal sesso, malati mentali, svitati? Molti di loro disprezzano le donne e pensano ancora che esse si dividano in due categorie: le sante e le puttane. Vogliono sfogarsi, vendicarsi, insultare le prostitute durante il rapporto. E far loro male. Dal momento che i clienti pagano, si sentono autorizzati a fare qualsiasi cosa. Penetrano le donne immediatamente, ritenendo che non abbiano bisogno di preliminari. Un giorno dovrò spiegare dettagliatamente che cosa significa passare una notte con i clienti. Parlarne è troppo doloroso per me.
Cosa pensa del dibattito sulla penalizzazione del cliente e sull'abolizione della prostituzione?
Laurence Noëlle: E' una discussione annosa! L'80% delle donne soffrono nella prostituzione e noi dovremmo ascoltare invece un'infima minoranza che non soffre? Si dovrebbe forse impedire la promulgazione della legge, [n.d.t sull'abolizione della prostituzione] perché non la vogliono quelle che si proclamano orgogliose di prostituirsi? Sì, la penalizzazione dei clienti può determinare un'evoluzione della situazione. Ma non sarà l'esistenza di una legge a risolvere immediatamente il problema. Essa segna però dei limiti invalicabili. L'abolizione è la risposta alla domanda: in quale società vogliamo vivere? E' un bene, perché è l'affermazione della possibilità di cambiare il mondo.
Perché così poche persone uscite dalla prostituzione osano parlare in pubblico?
Laurence Noëlle: Temono il giudizio degli altri. Molte sono contente che tutti sappiano che cos'è la prostituzione grazie al mio racconto. Ma non sono pronte a mostrarsi in pubblico, neppure quelle che ne sono uscite bene, come quell'infermiera o quella animatrice socio culturale che conosco. Le capisco. Anch'io ho avuto molta paura di perdere il mio lavoro di formatrice. E paura anche del trattamento che le persone avrebbero potuto riservare ai miei bambini, alla mia famiglia. Ho paura di essere disprezzata. Devo ancora pagare un prezzo 28 anni dopo essere uscita dalla prostituzione? Ci si trascina questo peso come un detenuto che non riesce a liberarsi dalle catene.
Il suo libro ha provocato reazioni ostili?
Laurence Noëlle: Per ora, ho ricevuto piuttosto messaggi di simpatia. Molte persone mi appoggiano e mi dicono che il mio libro può aiutare a cambiare la mentalità. Scrivendo questo libro, cioè ricomponendo le tessere del puzzle della mia vita, ho cercato di capire perché avessi assunto comportamenti distruttivi. E mi trovo con un mare di inviti da ogni parte. Sono una delle prime donne ad uscire dall'ombra, quando per 28 anni non sono stata in grado di sopportare la visione di trasmissioni o di film che trattavano della prostituzione o degli abusi sessuali. Ho scoperto l'esistenza dell'Unione delle Sopravvissute alla tratta degli Stati Uniti, che mi ha contattato per far parte della loro rete. Non ho la passione della militante. Potrei rifiutare questi inviti, ma penso che la vita mi richieda di esserlo. Sono stata ascoltata dall'Assemblea Nazionale la prima volta il 29 maggio 2013 a porte chiuse. Uscendo ho pianto per ore, ma di gioia. E' un bel regalo per me constatare che il mio libro può rendere possibile un progetto di legge contro il sistema prostituente. E' una forma di autorealizzazione. E' offrire un piccolo contributo e se ciascuno di noi lo offre, il mondo cambia.
Come è riuscita ad uscire dalla prostituzione?
Laurence Noëlle: Chiedendo aiuto. Ma bisogna scegliere le persone giuste, quelle che non giudicano, quelle che si prendono il tempo necessario per capire. Saper ascoltare è fondamentale. Mi hanno aiutato persone che hanno valorizzato le mie capacità, che hanno creduto in me. Se si è convinte di poterne uscire, ci si offre delle chances per raggiungere questo traguardo.
I mezzi sono sufficienti?
Laurence Noëlle: E' vero che non esiste nulla al di fuori delle associazioni. Non c'è reinserimento sociale. Tutto deve essere ripensato. Quando si esce dalla prostituzione, si è oppresse dalla vergogna, dall'alcool, dalla droga, dalla frigidità, dall'umiliazione. Si è distrutte. Ed è allora facile ricaderci. La società deve cambiare il modo di concepire la prostituzione. Si devono formare assistenti sociali che capiscano bene come funziona il sistema prostituente. Si possono approntare tutti gli strumenti materiali possibili, ma se non cambia il modo di considerare le prostitute, non cambierà nulla.
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