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di Maria Rossi
Si può  vanificare il diritto d'aborto, ricorrendo a molteplici strategie. Si può ridurre drasticamente il numero dei casi in cui è consentito praticarlo, come in Spagna; si può prevedere la possibilità di sollevare obiezione di coscienza all'esecuzione dell'intervento, come in Italia, dove più dell'80% dei ginecologi rifiuta di attuare interruzioni volontarie di gravidanza. Si può, infine, promuovere un referendum per escludere l'aborto dall'elenco delle prestazioni gratuite. E' quel che accadrà in Svizzera se il 9 febbraio i cittadini approveranno l'iniziativa popolare federale (referendum), lanciata da organizzazioni religiose di destra, che mira ad ostacolare il ricorso all'aborto delle donne dei ceti popolari, escludendo l'intervento dal rimborso dell'assicurazione malattia, garantito dal 1981.
Dal giugno 2002 le donne svizzere possono interrompere liberamente la gravidanza nel corso dei primi tre mesi senza che la loro decisione sia sottoposta all'approvazione di un medico, come avveniva in precedenza. L'intervento è rimborsato dal 1981 dall'assicurazione malattia. Oggi la Svizzera ha il più basso tasso di aborti d'Europa, grazie anche alla diffusione capillare dei corsi di educazione sessuale nelle scuole. Proprio per questo, il costo delle interruzioni di gravidanza per la sanità pubblica è bassissimo, costituendo soltanto lo 0,03% del bilancio del Ministero della Salute. Il risparmio di spesa e la riduzione dei costi dell'assicurazione malattia fatti balenare dai promotori del referendum sono, pertanto, una beffa, un pretesto per rimettere in discussione il diritto d'aborto e stigmatizzare le donne che vi fanno ricorso, considerandole ingiustamente un peso per le finanze dei cittadini. Il ricorso all'aborto clandestino e i rischi che implica comporterebbero un costo assai più elevato per la salute delle donne.
Se approvato, il referendum svizzero produrrebbe un'odiosissima discriminazione di classe, in quanto le benestanti non avrebbero alcuna difficoltà a pagare l'intervento di interruzione della gravidanza, a differenza delle donne di condizione meno agiata, cui non rimarrebbe altra scelta che far ricorso all'aborto clandestino, magari casalingo, con tutti i pericoli che ne deriverebbero.
Il contrattacco ai diritti delle donne in Europa è assai forte e temibile. La reazione non ha confini. Perché non esprimere la nostra solidarietà alle cittadine spagnole e svizzere, mobilitandoci in difesa dei loro diritti, che sono anche i nostri? Le femministe francesi lo stanno già facendo.
Vi invito intanto a sottoscrivere la petizione a favore della gratuità dell'aborto promossa dalle femministe svizzere, il cui link vi riporto qui sotto.
Pour le maintien de l’avortement dans les prestations de la LAMal

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