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- Categoria: Massimo Lizzi
- Pubblicato: 09 Dicembre 2013
Il blogger giornalista Alessandro Capriccioli alias Metilparaben, già collaboratore dell'Unitàe dell'Espresso, si è stufato, e parecchio, di leggere in giro fregnacce moralisteggianti travestite da progressismo. Dunque ha scritto un post titolato:Prostituzione for dummies. Dieci risposte chiarificatrici rivolte ad un interlocutore o una interlocutrice immaginaria le cui affermazioni sono probabilmente tratte da conversazioni sul blog o su Facebook, e sintetizzate dall'autore per come egli le ha intese o fraintese.
Dato che, in occasione dell'approvazione della legge francese contro i clienti, al pluralismo dei commentatori non è corrisposto un pluralismo degli autori - quasi tutti gli articoli di blog e di giornali che ho avuto modo di leggere si pronunciano contro la legge e a favore della cosiddetta libertà di scelta - torno sull'argomento per puntualizzare alcune questioni relative alle dieci risposte di Metilparaben, commentando ogni risposta. Non necessariamente, le idee o le parole attribuite al suo interlocutore immaginario corrispondono alle mie. Le frasi in grassetto sono dell'interlocutore immaginario, le frasi in corsivo sono le repliche di Metilparaben. Fuori dalle virgolette, in carattere predefinito, i miei commenti. La prima e più importante puntualizzazione riguarda il fatto che, per me, non è in questione la libertà della donna di vendersi, ma la libertà dell'uomo di comprarla.
Coloro che scrivono molto a favore della libertà di prostituirsi, scrivono molto poco o nulla contro la schiavitù sessuale. Ne accennano, per concedere che, in effetti, la schiavitù sessuale va repressa, ma soprattutto per affermare la differenza tra schiave e prostitute libere. Credo ciò esprima bene quel che essi considerano accettabile e quel che considerano inaccettabile.Tra la schiavitù e la libertà (di...), vi sono molte situazioni intermedie caratterizzate dall'assoggettamento, dal bisogno e dall’induzione. La prostituzione non è trasversale a tutte le condizioni sociali, si prostituiscono in netta prevalenza le donne, le povere e le immigrate. Mentre i clienti sono uomini, benestanti, autoctoni. La prostituzione è un rapporto di potere, anche quando non raggiunge l'estremo del rapporto tra padrone e schiavo.Se nella prostituzione, tra schiavitù e libertà (di...) vi è distinzione, non vi è però soluzione di continuità. I clienti e i bordelli non distinguono tra libere e schiave. Neanche nei paesi regolamentaristi. Così, la prostituzione libera, per quanto marginale, diventa una condizione favorevole per la schiavitù sessuale.La prostituzione rappresenta una forma di sfruttamento, e in molti casi di schiavitù, che non possiamo accettare.La frase andrebbe riformulata, perché in realtà quello che non possiamo accettare è che qualcuno sfrutti il lavoro delle prostitute o che costringa le donne a prostituirsi: ed in effetti si tratta di comportamenti che debbono essere severamente repressi. La prostituzione in sé e per sé, fuori dai casi di costrizione, mi pare accettabilissima.
D’accordo, ma vendere il proprio corpo è comunque una pratica umiliante per la donna.Può essere. Ma allora dovremmo considerare altrettanto umiliante lavorare in fabbrica, fare il facchino, esercitare il mestiere di badante. Non lavorano con le mani, le braccia, le gambe, costoro? E quindi non “vendono il loro corpo”? Oppure le parti intime debbono essere considerate più “corpo” delle altre? E che dire di chi svolge un lavoro intellettuale? Di chi, cioè, vende qualcosa di ancora più significativo del proprio corpo, vale a dire il proprio cervello, il proprio pensiero, la propria intelligenza?
Lo stesso Capriccioli deve avere il sospetto che la prostituzione non sia un lavoro come un altro, quando in apertura del suo articolo sostiene che lo sfruttamento della prostituzione deve essere severamente represso, nonostante tutti i lavoratori dipendenti siano sfruttati.
Esistono lavori sgradevoli, faticosi, che non richiedono una competenza qualificata. Diventano umilianti perchè sono svolti solo da alcuni in un rapporto di gerarchia. Sono i lavori delle donne, dei poveri, dei migranti. Il lavoro di pulizia dà persino luogo alla figura della donna delle pulizie, tanto è coincidente il lavoro con il genere di chi lo svolge. Possiamo ammettere l'ingiustizia e immaginare come soluzione la redistribuzione di questi lavori. Parliamo di lavori necessari o comunque socialmente utili. Lavori che svolgeremmo anche in una società di liberi ed eguali, con una diversa organizzazione del lavoro più giusta ed egualitaria. Lavori che spesso svolgiamo anche volontariamente. In tutti questi lavori, l'umiliazione, l'alienazione, lo sfruttamento sono dati accessori per quanto prevalenti, ma non necessari. Nella prostituzione sono invece dati costitutivi. L'ingiustizia della prostituzione non si corregge redistribuendola. In una società di liberi ed eguali, la prostituzione non avrebbe senso di esistere, poichè la sessualità femminile sarebbe realmente libera, in quanto non controllata e finalizzata dal desiderio maschile.
La prostituta non vende il proprio desiderio, vende la negazione del proprio desiderio. Dunque, un intellettuale potrebbe trovarsi metaforicamente nella condizione della prostituta nel momento in cui vendesse la negazione di ciò che egli realmente pensa. Tuttavia, possiamo immaginare che gli intellettuali abbiano una maggiore possibilità di sceltà. Se non ce l'hanno, parliamo di negazione della libertà di espressione.
In tutti i lavori manuali, il corpo del lavoratore usa strumenti. Nella prostituzione una persona usa il corpo di un’altra persona, come fosse esso stesso uno strumento. Il corpo è una unità psicofisica e coincide con la persona. Molti libertari della prostituzione immaginano di superare la distinzione tra le diverse parti del corpo, parti intime e non, ma riprongono di fatto la distinzione tra corpo ed anima. Per cui vendere il corpo sarebbe vendere altro da sè.
Sì, ma io credo che prostituirsi non possa essere una scelta davvero libera: chi lo fa, anche se non è costretto fisicamente da qualcuno, è comunque indotto a farlo da uno stato di necessità.Anche questo può essere. Così come sono indotti dalla necessità gli operai, i pizzaioli, gli elettricisti. Voglio dire, se la cosa intollerabile è che si svolga un lavoro solo per bisogno bisognerebbe abolirli quasi tutti, i lavori, mica solo quello delle prostitute.
Sulla differenza tra la prostituzione e il lavoro ho scritto appena sopra. Qui aggiungo tuttavia che a nessuno verrebbe in mente di difendere il lavoro subordinato con gli argomenti che si usano per difendere la prostituzione. Che le persone siano costrette a svolgere pessimi lavori per bisogno, è una situazione che giudichiamo ingiusta e che vogliamo superare. Non usiamo uno stato di bisogno per giustificarne un altro.Possiamo distinguere due situazioni. Una nella quale le leggi e i contratti permettono il miglioramento delle condizioni di lavoratori ed una nella quale non lo permettono. Ed allora esigiamo l'abolizione.E' quel che abbiamo fatto per la schiavitù, ma anche per condizioni servili prossime alla schiavitù, sia pure formalmente scelte dal servo, come la servitù debitoria. Il sistema si basava sulla stipula di un contratto tra il lavoratore emigrante e il mercante o il proprietario dell'imbarcazione che lo avrebbe trasportato. Giunti a destinazione il contratto veniva venduto all'asta ai datori di retribuzione che con esso acquistavano il debito contratto dall'emigrato per partire e, quindi, la futura prestazione d'opera necessaria a riscattarlo. Ora, è evidente che il bisogno che induce una persona ad accettare un lavoro di operaio, elettricista, pizzaiolo, non rende accettabile che una persona per bisogno accetti di sottoporsi ad un lavoro a tempo determinato, ma non retribuito, per estinguere un debito come fosse una retribuzione anticipata. La differenza tra le due situazioni è data dall'eccessivo dislivello di potere, che espone il servo, a differenza dell'operaio, del pizzaiolo e dell'elettricista, all'elevata probabilità di essere vittima di abusi psicologici, fisici, sessuali. Proprio come accade nella prostituzione.
Eh, ma il sesso è una cosa diversa.In che senso? O meglio, per chi? Per te? E’ possibile. Infatti tu non ti prostituisci, e per sopravvivere fai, supponiamo, la commessa. Invece per un’altra (o per un altro) potrebbe essere il contrario: prova ne sia il fatto che sceglie di offrire sesso a pagamento invece di lavorare da H&M.
Se parliamo di scelta dettata dal bisogno, una scelta non prova una preferenza. E' molto probabile che molte prostitute preferirebbero fare le commesse. Anche molte commesse preferirebbero fare un altro lavoro e la strada non gli è preclusa. Alle prostitute generalmente è preclusa. La libertà di entrare nella prostituzione non garantisce la libertà di uscirne. Ignoro l'esistenza di testimonianze di ex commesse che sostengano la necessità di abolire il loro precedente lavoro. Esistono invece molte testimonianze di ex prostitute. Per citarne alcune: Andrea Dworkin, Rosen Hicher, Trisha Baptie, testimonianze di varie escort, testimonianza di un prostituto gay, Rebecca Mont.
Boh, io credo comunque che prostituirsi non possa essere mai una scelta del tutto consapevole.Stai dando delle incapaci di intendere e volere alle prostitute che affermano di fare quel lavoro per libera scelta? Cioè: stai affermando che tu conosci meglio di loro quello che hanno in testa? Credi di poterti permettere di pensare al loro posto? Non ti pare una pretesa, come dire, un tantino presuntuosa? Non ti pare che sia il tuo atteggiamento, la cosa davvero “inaccettabile”?
La libertà delle donne è una libertà nel patriarcato e non dal patriarcato. Le donne sono educate a valorizzarsi come oggetti sessuali, a riconoscere a se stesse un valore inferiore a quello riconosciuto agli uomini. Le donne prendono meno la parola, occupano meno spazio con il proprio corpo, hanno meno ambizioni e meno opportunità. In questo contesto culturale e sociale scelgono anche di prostituirsi - molte prostitute hanno subito abusi e violenze nell'infanzia - come altre scelgono di fare le casalinghe. Agli uomini piace pensare lo facciano per libera scelta, questo alleggerisce la loro coscienza, così come gli piace pensare che le donne in fondo amino essere maltrattate. Un uomo che si mette a difendere quella libertà, in realtà difende i suoi privilegi. E' la beffa che si aggiunge al danno.
E comunque la prostituzione lede la dignità di tutte le donne. Anche la mia.Capisco. Quindi stai dicendo che la prostituzione dovrebbe essere vietata perché tu, non si capisce bene in base a quale meccanismo, ti senti lesa nella dignità da chi la esercita. Bene, spiegami una cosa: che differenza c’è tra te e quelli che dicono che il matrimonio gay non si deve fare perché offenderebbe la loro “sensibilità”? No, perché a quella gente diciamo: mica lo devi fare tu, il matrimonio gay, quindi che vuoi? Ecco, a te domanderei: sei forse tu, che devi prostituirti? No? E allora, perdonami, che vai cercando?
Non dico che la prostituzione deve essere vietata. Anzi, sono perchè la prostituzione sia sempre depenalizzata. Sono per la penalizzazione di protettori, favoreggiatori e clienti.
La prostituzione definisce la sessualità femminile come servizio e la sessualità maschile come bisogno. E' dunque lesiva della dignità di entrambi. Tuttavia, tale lesione grava pesantemente sulle donne. E' tra loro che fa morti e feriti. Un indizio di come la prostituzione leda la dignità delle donne lo si può leggere in questo lungo elenco tratto da Non se ne può più di Stefano Bartezzaghi. Oppure lo si può leggere nei commenti che i fan grillini rivolgono a Maria Novella Oppo o in quelli rivolti a Laura Boldrini. O infine, si pensi solo a come viene chiamata una donna ferma in auto al semaforo che impieghi ben tre secondi prima di partire dopo lo scatto del verde dall'automobilista che le sta dietro. O come viene chiamata qualsiasi donna non corriponda le aspettative di un uomo.
Il paragone con i matrimoni gay non ha alcuna pertinenza. Essere gay è un orientamento sessuale, non una scelta. Nessuno è chiamato ad assumersi la responsabilità di essere gay. Non è giustificata la discriminazione di un orientamento sessuale. Intorno ai gay non si è formata una industria. Per realizzare matrimoni gay non si mettono in atto sequestri, traffici di esseri umani, violenze, e stupri.
Gli sgomberi dei campi rom non devo farli io e non li fanno a me. Eppure offendono moltissimo la mia sensibilità.
Non capisci: la prostituzione è frutto di una mentalità maschilista che vede le donne come oggetti.Ah, sì? Vediamo se ho capito: prima sostieni che le donne che si prostituiscono non sanno quello che fanno, tant’è che ti permetti di spiegarglielo tu e ti spingi fino a volerglielo impedire, dando loro implicitamente delle galline senza cervello che dovrebbero attenersi alle tue convinzioni, e poi blateri che è la prostituzione ad essere maschilista? Non è che sei tu, il maschilista? Non è che sei tu a considerare quelle donne degli oggetti, mettendo in dubbio la loro capacità di decidere autonomamente?
Ovvio che non approvo le considerazioni offensive nei riguardi delle prostitute che il nostro blogger-giornalista attribuisce al suo interlocutore immaginario. Sulla libertà ho già detto sopra.
Qui annoto solo l'uso dell’argomento secondo cui è sessista la denuncia del sessismo, è razzista la denuncia del razzismo, è malvagio rimproverare gli altri di far male, etc. Vedi Tu quoque.
Una donna può decidere autonomamente di farsi oggetto, ma questo non cambia la definizione di quello che fa. E' evidente che se la sessualità femminile è subordinata, dietro compenso in denaro, al piacere della sessualità maschile, la donna sarà oggetto e non soggetto e che il provare piacere per la riduzione della donna ad oggetto presuppone una forma mentale maschilista.
In effetti, essere donna non garantisce di avere una posizione favorevole all’emancipazione delle donne dalla prostituzione e da qualsiasi funzione subordinata all’uomo - vi sono donne contro il divorzio, l'aborto, la fecondazione assistita, l'occupazione femminile, vi sono donne che difendono gli stupratori - tuttavia è certo che la prostituzione è molto più popolare tra gli uomini che tra le donne.Parli così perché non sei una donna, e quindi non capisci.Mah. Ci sono un sacco di donne che la pensano esattamente come me. Debbo dedurne che tu, oltre a essere indubbiamente più “donna” di me, ti senti anche più “donna” di loro?
E i clienti delle prostitute, allora? Non ti fanno schifo?Non mi pare che lo “schifo” sia una categoria giuridicamente o politicamente rilevante. Ti ricorderei che a molti fanno “schifo” gli omosessuali: ora, dal momento che ci si batte per fare in modo che il loro “schifo” (pure legittimo individualmente) non si trasformi in una legge valida per tutti, perché mai di dovrebbe tutelare il tuo? Cioè, il tuo schifo è più schifo del loro? E perché? Perché è tuo? Ah, no, dimenticavo: perché tu hai ragione. Un tantino tautologico, non trovi?
Dipende a cosa è riferito il concetto di schifo. Se al fatto che i clienti sono sporcaccioni o al fatto che sono stronzi.
Trovo il paragone tra clienti e omosessuali una espressione di omofobia. O della continua confusione tra essere e fare. Ne ho già parlato sopra e non ci ritorno.
I motivi per cui si può ritenere che i clienti facciano schifo si possono leggere sul forum Gnoccatravel, su qualsiasi forum di clienti per escort, sulle citazioni di clienti francesi tratte da Corpi a perdere di Emilio Quadrelli. Dei clienti buoniparla Free Irish Woman.
Come scrive Enrique Javier Diez: Quando si parla di prostituzione, si occulta, si protegge e si minimizza il ruolo dei clienti.(...) Questo rifiuto di affrontare un esame critico degli utenti della prostituzione, che sono il più importante anello del sistema di prostituzione, non è altro che una difesa tacita delle pratiche e privilegi sessuali maschili. (...) Perché gli uomini si rivolgono alla prostituzione? Maggior parte degli studi di approfondimento e di ricerca sul tema arriva a una medesima conclusione: "Un numero crescente di uomini cerca le prostitute più per dominare, che per godere sessualmente. Nelle relazioni sociali e personali sperimentano una perdita di potere e di mascolinità tradizionale e non riescono a creare rapporti di reciproco rispetto con le donne con le quali si relazionano. Sono questi gli uomini che cercano la compagnia delle prostitute, perché quello che cercano in realtà è un’esperienza di dominio e di controllo totale".
Insomma, mettila come ti pare ma io trovo inaudito che in un paese civile la prostituzione sia legale.Sai cosa trovo inaudito io, invece? Trovo inaudito che in un paese civile, come lo chiami tu, si pretenda di decidere al posto degli altri. Lo dico quando si parla di eutanasia, di nozze gay, di contraccezione e di aborto: non vedo perché non dovrei dirlo quando si parla di prostituzione. Piuttosto fattela tu, una domanda: com’è che quando sono i vescovi a voler decidere per te ti fai girare i maroni, e poi tu stesso pretendi di decidere al posto di chi si prostituisce? Non è un tantino troppo facile, fare il libertario soltanto sulle cose che ti piacciono?
L'eutanasia e le nozze gay (ripetutamente citate a sproposito) non sono rapporti di potere. L'aborto è una questione ancora diversa, poichè è parte in causa anche l'essere vivente del nascituro. Sono certamente favorevole alla depenalizzazione e legalizzazione dell'aborto, proprio perchè sono contro l'aborto, perchè penso che attraverso la legge il danno possa essere ridotto e superato. Servisse a questo la legalizzazione della prostituzione sarei anche per essa favorevole. Vediamo invece che dove è stata approvata, ha realizzato gli effetti opposti. Ha gettato nella clandestinità le prostitute che non si sono regolarizzate, la grande maggioranza, ha ampliato il mercato, ha aumentato le dimensioni della prostituzione, compreso il numero delle schiave [Germania, bordello d'Europa].
Noi non possiamo decidere per le prostitute, ma non possiamo neanche nasconderci dietro l'alibi del loro vero o presunto consenso. Alla liceità di drogarsi, non corrisponde quella di spacciare droga, alla liceità di farsi male non corrisponde quella di far male, alla liceità di suicidarsi non corrisponde quella di uccidere. Alla liceità di vendere il proprio corpo, cioè se stessi, non può corrispondere quella di comprare gli altri. Principio già acquisito per la compravendita degli organi. La sovranità personale sul proprio corpo va difesa tanto dallo stato, quanto dal mercato. E chi usa potere, violenza o denaro, per assoggettare, umiliare e asservire gli altri, va sanzionato.
E' troppo facile fare il libertario con i corpi degli altri.
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