La sfida di Ione Wells non è una vendetta dell’istinto, che pure avrebbe le sue spiegazioni e le sue ragioni. Ma è una confessione libera e aperta, un atto che spezza il silenzio, rimuove la vergogna e serve a comprendere quanto la prepotenza fisica del maschio molestatore sia viltà, paura, debolezza.

Come di quel tipo che, alla stazione della metropolitana di Camden, di notte si è avventato contro la studentessa ventenne di Oxford che aveva finito di lavorare in un bar, sbattendola a terra, cercando di violentarla, ritenendosi padrone invincibile anche perché protetto dalla grettezza culturale secondo cui una donna in minigonna e sola se le va a cercare.

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