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- Categoria: Loredana Lipperini
- Pubblicato: 15 Novembre 2013
Questa è Angela Carter. Se l’avete dimenticata, sappiate che è stata una grande scrittrice. Se non l’avete mai letta, procuratevi almeno La camera di sangue, dove si trova anche La compagnia di lupi, che divenne film di Neil Jordan. Potendo, procuratevi anche gli altri titoli: difficilissimo in Italia, mentre in altri paesi, come mi scrivono su Facebook, “te li tirano dietro”.Questa è Jane Nickerson, e in Italia, al momento, “te la tirano dietro”. Le piace il suono della parola “tamarindo” e adora il termine “lapislazzuli”, inoltre le piacciono i bambini, leggere (fantasy, gotico, mistery, romance), scrivere e quando ha pubblicato un proprio libro i suoi sogni si sono avverati (un centesimo per ogni volta che ho letto questa affermazione e non avrò più problemi di soldi nella vita). Nickerson ha scritto un libro, un romance fatto e finito che nasce, come altri, dalla rivisitazione della fiaba classica, aderendo al famigerato “fairy tale retelling” che ha già affogato nella cannella Biancaneve e Cappuccetto Rosso, e chissà cosa altro ci sta preparando. Fiabe raccontate in modo diverso, esattamente come faceva Angela Carter. Ma la differenza salta subito agli occhi. Sinossi del racconto La camera di sangue, che dà il titolo alla raccolta di Carter (da wikipedia):
“Una giovane adolescente sposa un vecchio e ricco marchese francese che non ama. Arrivata al suo castello, la ragazza realizza che egli si sollazza con la pornografia sadica e che prova piacere nel vedere il suo imbarazzo. La giovane è una pianista di talento e quando il giovane e non vedente accordatore di pianoforti che frequenta la proprietà sente la musica che ella suona, si innamora perdutamente di lei. Un giorno il marito la informa che deve partire per un viaggio d’affari e le vieta, mentre lui è via, di entrare in una particolare camera. In sua assenza la ragazza disobbedisce a tale ordine entrando nella stanza, dove, vedendo i cadaveri delle precedenti mogli del marchese, scopre appieno l’entità delle sue tendenze perverse e criminali. Il coraggioso accordatore di pianoforti vuole stare con lei nonostante sappia di non poterla salvare. A farlo, infatti, alla fine del racconto sarà la madre della ragazza, che arriva giusto in tempo prima che il marchese la uccida e gli spara”.
Sinossi del romanzo di Jane Nickerson tratta dalsito dell’editore italiano, che non poteva non essere Chrysalide Mondadori:
“Sophia Petheram ha diciassette anni quando, dopo la morte del padre, attraversa in carrozza la selva intricata e spettrale che conduce alla tenuta di Wyndriven Abbey, in Mississippi. Qui sta per conoscere finalmente il ricco amico di famiglia che la prenderà in custodia: monsieur Bernard de Cressac. Fin dall’arrivo nella nuova dimora, Sophia si trova a vivere nel lusso più sfrenato, viziata e accontentata nei minimi capricci. La ragazza è affascinata dalla generosità e dal carisma di monsieur Bernard. Lui le impedisce, però, di ricevere visite e, in sua assenza, la affida all’occhio vigile di Odette, una giovane dama di compagnia francese. A spaventare Sophia è il passato del facoltoso tutore, sposato più volte: le sue mogli sono morte in circostanze misteriose e la ragazza ne intravede i fantasmi. Hanno tutte i capelli rossi, con sfumature color bronzo e oro. Proprio come lei. Ma se l’amore è un assassino meraviglioso, Sophia vuole scoprirne il volto”.
E va bene, e sia, l’ennesima storia dove infine tutto finisce, si suppone, bene, condita con “fremiti argentei”, magia, mistero e dolcezze varie. Ma in originale il libro si chiama Strands of Bronze and Gold, appunto Sfumature bronzo e oro. In Italia, in spregio a Carter, adotta lo stesso nome della sua raccolta, e si chiama La camera di sangue. Quando dico “in spregio” non sto scherzando. I racconti di Carter, pubblicati nel 1979, sono stati determinanti per la narrativa femminile, e anche per tantissime lettrici. Barbara Lanati scrisse che Carter investigava “sulla possibilità di un incontro tra vittima e carnefice, i cui ruoli per un attimo si scambiano per poi cancellarsi per sempre. La piccola Alice abbandonata e cresciuta dai lupi, incontrerà nell’orrido, viscido, alato vampiro colui che le donerà l’amore per la vita, colui che porterà lei, curioso essere afasico, alla salute fisica e mentale”. Aggiunge un’attenta studiosa come Giuliana Misserville: “il desiderio sessuale non viene più subìto dalle protagoniste femminili o utilizzato tout court per restare comunque nei confini del ruolo assegnato dall’economia della libido maschile. No, il desiderio viene agito in prima persona per trovare un nuovo spazio nel mondo e questa ricerca ha il potere di cambiare il rapporto uomo/donna e il mondo stesso”. Il retelling alla melassa riporta tutto a zero, esattamente come ha fatto Stephenie Meyer con il mito dei vampiri: via il chiaroscuro, e soprattutto ruoli saldamente reinstallati nella tradizione, appena appena un fremito argenteo in più per l’eroina, una parvenza di coraggio che probabilmente sfumerà nella redenzione amorosa. Scrivere ancora della tendenza editoriale young adult (e non solo) a sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire, è ridondante: sembra che per alcuni editori le giovani donne e le adolescenti non possano leggere altro che di amori e sponsali. Sia, fatelo pure. Ma almeno lasciate stare Angela Carter: che davvero si rivolterebbe nella tomba davanti a un’operazione del genere. Davvero.
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