A metà novembre, insieme ad altre attiviste e con la collaborazione preziosa della Direttrice del Centro Women’s Studies “Milly Villa” Giovanna Vingelli, abbiamo ospitato a Cosenza Lorella Zanardo, autrice del dirompente video “Il Corpo delle Donne”, visualizzato da milioni di utenti, e del Libro “Senza chiedere il permesso" (Feltrinelli).  
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Ora, al centro del dibattito in questi giorni, la mercificazione del corpo delle donne diventa anche oggetto di un intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale chiede che le "donne siano rappresentate con sobrietà e dignità nei media, così come si è impegnata a fare la Rai". Nei mesi scorsi anche la presidente della Camera Laura Boldrini aveva denunciato "lo scandalo" di quegli spot che perseverano nella rappresentazione iper abusata dell’immagine femminile accostata a fornelli, detersivi o nudità ad uso e consumo di maschi e mariti. Il che ci ricollega al tema trattato dalla Zanardo e dal nostro recente incontro.
L’uso del corpo delle donne in televisione è appunto il tema predominante del progetto che la Zanardo sta portando avanti nelle scuole di mezza Italia, promuovendo incontri interattivi con studenti delle scuole secondarie. A Cosenza la blogger milanese ha tenuto una lezione nell’ambito del Master ‘Donne, politica e istituzioni’, finanziato dal Ministero per le pari opportunità presso l’Università della Calabria ed ha successivamente presentato il suo libro alla Libreria Ubik al centro della città dei bruzi. Alcuni spunti del libro sono particolarmente interessanti e meriterebbero una riflessione più approfondita. La Zanardo, riferendosi alla società attuale, riscontra una sorta di ‘disabilità discorsiva’ che si traduce in ‘disabilità immaginativa’, ovvero l’incapacità di discutere, interrogarsi o semplicemente immaginare una società diversa. E’ come se ci fossimo assuefatti all’idea che ormai nulla può essere stravolto, modificato, rivoluzionato. Il tramonto delle utopie, mi verrebbe da dire, mestamente.
Ma un tema che mi affascina e che compare spesso nel libro è la ‘Violazione del patto intergenerazionale’, con una Zanardo fortemente critica nei confronti della sua generazione. Si parla di adulti egoisti ripiegati su se stessi, di una classe politica che non ha dotato la scuola italiana di metodi innovativi, ma che ancora si rifà a modelli vecchi e inadeguati, che mortificano lo spirito critico, che non incentivano le capacità organizzative e manuali degli studenti ma che soprattutto non tengono conto degli stimoli e delle sollecitazioni a cui i giovani oggi sono soggetti.
Una scuola insomma che è  incapace di proporsi come modello educativo differente ed alternativo alla televisione.
Viene citato in proposito anche un passo del Libro: ”Una tv per tutti”, in cui si sottolineano i tre “effetti fondamentali dei modelli televisivi proposti nei messaggi pubblicitari: il materialismo, il conflitto con i genitori e l’infelicità”.
Eppure il tema ogni tanto compare in tv o sui giornali. Era proprio Giorgio Napolitano che nell’Aprile del 2012 esortava la classe politica a  «porre le basi per stringere un patto intergenerazionale fondato sulla cooperazione, sull’integrazione e sulla coesione (…) per costruire una società più giusta più aperta e moralmente e civilmente più viva». Parole cadute nel vuoto?
Mi ha colpito questo aspetto del libro perché chi come me fa politica in un c.d. partito ‘tradizionale’ riscontra l’egoismo di cui si parla quotidianamente, non solo nell’accesso alle cariche elettivo, che a mio avviso è l’ultimo dei problemi, quanto nella possibilità di poter maturare un esperienza, di poter accedere a quella che una volta veniva definita gavetta, ripudiando la pratica della cooptazione che ahimè ha creato dei veri e propri mostri mediatici privi di spinta ideale o di qualsivoglia spirito identitario.  Ma  questa generazione di ‘padri famelici che si giocano il futuro dei figli’ la si riscontra anche nella lettura degli ultimi dati ISTAT sulla disoccupazione giovanile che raggiunge il 39,5%  in Italia. Per non parlare del picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Eppure, a me pare che i giovani la loro parte cercano tutti i modi di farla: in Italia vige  un sistema pensionistico fondato sul criterio della ripartizione, ossia  gli attivi finanziano le pensioni in essere, confidando che ci saranno altri lavoratori che pagherannole loro pensioni, quando verrà il loro turno , grazie proprio ad un patto intergenerazionale garantito dallo Stato. Beh, con i dati suddetti e con l’assurdo aumento dell’età per andare in pensione come si pensa di poter raggiungere l’equilibrio tra entrate e uscite,? Facile, attraverso imponenti trasferimenti dal bilancio statale. E queste risorse non vengono sottratte anche a noi?! In questo contesto mi piace molto che nel libro ci siano continui moniti a lottare, ad appropriarsi della consapevolezza che siamo una generazione in credito e che abbiamo bisogno di cambiare il mondo che ci circonda stravolgendo anche le nostre certezze: Mirko Kiave in Gravità dice: ”Le vere manette non stanno ai polsi ma dentro la mente. Non rivoluzioni se non ti rivoluzioni". 

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