image(allarme ironia)

Stamattina mi sono imbattuta in un post del blog di Massimo Lizzi, che ci fornisce una lettura controcorrente della vituperata campagna pubblicitaria “Punto su di te” (dal quale ho tratto ispirazione per questo post).

La campagna è stata accusata di vittimizzare le donne, offrendo l’opportunità ai violenti, attraverso i manifesti, di degradarle più di quanto non lo siano già, ed inoltre di relegarle ancora una volta al ruolo di vittime.

Le donne non sono vittime! Basta con queste donnine deboli e fragili e piagnucolose! Le donne sono forti! Autodeterminate! Non hanno bisogno di niente e di nessuno, men che meno di campagne pubblicitarie loro dedicate.

Ciò di cui nessuno parla (neanche Massimo Lizzi!) – perché tutti si occupano solo delle donne e i maschietti vengono sempre ignorati – è che anche gli uomini stanno subendo il medesimo trattamento vittimizzantee lo subiscono nell’indifferenza generale.

Circola in rete questa petizione:

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La petizione si propone di denunciare le sofferenze del povero papà separato: allontanato dalla prole, tutto solo, questa creaturina inerme non è in grado di sopravvivere, soffre pene inenarrabili e urge che il Papa e magari anche il WWF si facciano carico della faccenda prima che tutti i papà separati facciano la fine della Tigre della Tasmania.

imageCome potete notare, si pone l’accento sul massacro dei padri: la donna rimane in vita e l’uomo muore.

Ora: non vi sembra che invocare delle leggi a tutela del papà, come se si parlasse  uno squalo raro a rischio di estinzione, lo faccia apprire debole, fragile, incapace di prendere in mano il proprio destino?

Del nucleo familiare, il papà viene descritto come l’anello debole: persino la prole affronta con più coraggio e determinazione il divorzio!

Anzi, il minore è così autonomo e autodeterminato che neanche lo si nomina nella petizione, se non come ancora di salvataggio di questo padre che senza la presenza accanto del bambino non è in grado di andare avanti.

La donna è descritta come l’unico soggetto in grado di battersi per la propria sopravvivenza (quella forte), mentre l’uomo è rappresentato come un esserino privo dell’energia necessaria a sopravvivere emotivamente alla distruzione della famiglia, nonché bisognoso delle cure dei suoi stessi figli.

Vorrei a questo punto parafrasare anche io Giovanna Cosenza e declamare:

non si fanno uscire gli uomini dalla buca del vittimismo, se si continua a rappresentarli come vittime (e lo si fa anche quando si dice che no, vittime no). E ancora: non si elevano gli uomini di grado e di ruolo, se si continuano a riprodurre situazioni in cui si mostrano uomini umiliati e degradati (e lo si fa anche quando si dice che no, degradati no).

Basta con questi paparini in ambasce, che crollano al solo nominare la parola divorzio (o “assegno di mantenimento”), basta invocare leggi speciali tutte per loro: i papà sono esseri umani come tutti gli altri, sono forti tanto quanto le donne e ormai chi si occupa di comunicazione dovrebbe aver imparato che continuare a proporre questo genere di campagne che puntano a suscitare sgomento, compassione (e autocompiacimento nel provare questi sentimenti) non fanno che riproporre il medesimo rituale di degradazione dell’uomo separato.

Rituale che non lo aiuterà di certo ad uscire dalla penosa situazione in cui si trova.

A proposito di poveri papà separati che muoiono a causa del divorzio:

Violenza e affidamento

Il familismo amorale

Il rapporto con il padre

Storie di ordinaria crudeltà

Cronaca di una morta annunciata

Responsabilità

Quando la bigenitorialità uccide

Leggi tutto... http://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2013/12/28/non-si-fanno-uscire-gli-uomini-dal-ruolo-di-vittime-se-si-insiste-a-rappresentarli-come-vittime/