(brani tratti dagli articoli di Rebecca Mott – ottobre/novembre 2013 – “Here’s the Thing”, “Indoors is Never Safe”,“Coldness is My Heart”, “Trauma is Made”. Trad. Maria G. Di Rienzo. Rebecca è una ex prostituta, femminista e attivista per i diritti umani.)

Non possiamo vivere in un mondo dimezzato dove la classe delle prostitute è considerata come subumana, mentre altri “dibattono” se la prostituzione sia male o no, discutono come separare il “cattivo” traffico dalla “buona” prostituzione nei luoghi chiusi, argomentano se la prostituzione debba essere completamente legale, semi-legale o illegale. Tutte queste parole e l’acceso dibattito ignorano gli stupri continui, le torture continue e le morti continue della classe delle prostitute. (…) Per cosa pensate stiano davvero pagando, i clienti, quando consumano una prostituta? Questa domanda deve forzare la concentrazione sul cliente e la sua responsabilità, la sua mancanza di coscienza, la sua capacità di torturare e stuprare e rendere ciò un non-crimine. La questione non riguarda la storia individuale di una prostituta, ne’ la sua abilità nel maneggiare le situazioni; non riguarda il fatto che sia entrata nella prostituzione a 12 anni o a 27, non riguarda quale tipo di prostituzione debba fare, non ha nulla a che vedere con classe sociale o etnia: la questione è che a tutti i clienti non può importare di meno del suo diritto di essere una persona.

Credete a tutti i miti e le bugie diffuse dall’industria del sesso e dai suoi compari, i media? O avete il coraggio e l’integrità per ascoltare le molteplici voci della classe delle prostitute? Pensate la maggioranza dei clienti vogliano solo sesso ordinario, e che non ferirebbero mai la prostituta?

Pensate che molti clienti sono semplicemente soli, semplicemente non riescono ad avere una “vera” relazione, o che hanno solo bisogno di parlare con qualcuno? Credete che le prostitute insegnino agli uomini sesso più eccitante, siano disponibili ad esplorare ciò che le “brave” donne non farebbero, che la prostituzione sia solo terapia sessuale?

So che queste credenze sono comuni, lo so perché avvelenano la mia lotta per avere un futuro.

Io voglio sapere perché scegliete di credere a tali miti e bugie che rendono più facile mantenere le prostitute al rango di merci subumane, invece di guardare a chi e a cosa realmente sono i clienti.

I clienti stanno pagando per il diritto di aver pieno controllo sulla mente e sul corpo della prostituta.

I clienti stanno pagando per stuprare senza conseguenze e con la consapevolezza che la maggioranza dei maschi celebreranno la “conquista” della prostituta.

I clienti stanno pagando per essere certi che in ogni momento e in ogni luogo loro possono torturare la prostituta, e che ciò sarà reso invisibile.

I clienti stanno pagando con la piena consapevolezza che se assassinano o uccidono “per errore” una puttana ciò sarà reso un non-evento – e che facilmente non ci sarà corpo, ne’ traccia della sua esistenza.(“Here’s the Thing”)

(…) La mia anima prostituita fa una semplice domanda: vi importa di quel che succede dietro porte chiuse quando si paga per esso? La domanda viene dal dolore di sentire e sapere quanta violenza maschile e quanto odio maschile diventano invisibili quando vi è uno scambio fra danaro e merce.

E’ ancora un mito comune che sia impossibile stuprare una prostituta: si dice che non c’è nulla di somigliante alla tortura nel commercio del sesso. In questo mito, tutta la violenza maschile è rimodellata come sesso scabroso, sperimentazione, essere avventurosi, pagare per pratiche sadomaso, andare oltre i limiti, ecc. Il rimodellamento non ha nulla a che fare con la salute o la sicurezza della prostituta, serve a dar maggior profitto ai magnaccia e agli affaristi, e permette ai clienti di pensare che la violenza è completamente accettabile.

Volete davvero sapere cosa c’è dietro le porte chiuse, o volete il silenzio a cui le donne uscite dalla prostituzione sono costrette per proteggere i vostri miti?(“Indoors is Never Safe”)

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Quando sei in qualche modo uscita dalla prostituzione, la grande domanda senza risposta è: Com’è che non sono morta? E non c’è risposta, solo altre domande, solo un retroscena di colpevolezza da sopravvissuta, solo un vuoto che non sarà mai riempito.

Una delle ragioni per cui posso essere sopravvissuta, una ragione per cui numerose donne uscite dalla prostituzione sono sopravvissute, è che ci siamo costruite un cuore di ghiaccio. Potete chiamarlo distacco, potete dire che è protezione dalla follia dell’autodistruzione, tutto quel che io so è che ora sono a posto e stabile, ma il ghiaccio si fa vivo in troppe occasioni. (…)

Ho piazzato il mondo della mia prostituzione in una camera di ghiaccio, sperando morisse d’inedia – solo per scoprire che la mia mente “dimentica”, ma il mio corpo è malato di ricordi profondi che richiedono attenzione. Volevo essere la Regina di Ghiaccio e non avere più sensazioni, soffocare tutto il mio passato, dimenticarmi che importa – perché curarsi di qualcosa è troppo doloroso, porta alla superficie una sofferenza enorme, significa vivere mentre sogni di morire.

Ma so di non essere la Regina di Ghiaccio, so che il mio cuore non è congelato, so che la mia paura di essere viva è una reazione naturale al fatto che non mi è mai stato permesso sapere cosa significhi l’essere viva. (…)

Non avendo vie di fuga e avendo perso ogni speranza mi sono adattata. Adattata al punto di dire che stavo bene. Mi sono adattata alla prostituzione, all’essere usata per il porno “amatoriale”, mi sono adattata e ho dipinto sulla mia faccia il sorriso della Puttana Insensibile.

Mi sono adattata a perdere ogni contatto con i miei sentimenti, ogni contatto con la speranza, ogni contatto con un mondo a cui poteva importare – mi sono adattata al palazzo di ghiaccio in cui vivevo.

Per la maggior parte dei miei anni di prostituzione, la conchiglia in cui vivevo appariva confortevole e persino, relativamente, di lusso. Ero sempre all’interno, avevo uno o più letti, dovevo avere solo 10 o 12 uomini al massimo, in una notte. Era più sicuro dello stare su una strada o in qualche tipo di bordello. Mi dicevo di essere fortunata.

Mi ritenevo fortunata mettendo da parte quanto spesso ero stata torturata, quanto comune fosse lo stupro di gruppo, quanto spesso ho pensato che stavo per essere assassinata: tutto chiuso giù, nella mia camera di ghiaccio. E facevo la Sgualdrina Felice, sorridendo e ridendo per ogni giorno in cui ero meravigliata dall’esistere ancora.(“Coldness is My Heart”)

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Come vivi sapendo che non c’è parte del tuo corpo che non sia stata in zona di guerra, una guerra che si pretende di non vedere, di non sentire e di non conoscere? Non attraverserò i miei molteplici ricordi, dico solo che il sadismo è come un’ombra su di me, dico solo che quando ho qualsiasi dolore in qualsiasi parte del mio corpo, esso mi collega al passato anche se io non voglio.

Dico solo che ho dolore alle orecchie, perché dei clienti hanno pensato che era divertente vedere se i loro uccelli passavano per quel buco.

Dico solo che tendo a tossire per liberarmi la gola sino alla nausea, ed ha senso, perché sono stata costretta sott’acqua mentre subivo uno stupro anale, strangolata, soffocata, e un po’ troppi oggetti/pugni/peni sono stati forzati nella mia gola: è stato il non essere in grado di urlare, e nemmeno di avere una voce, come prostituta.

Dico solo che le mie gambe sono spesso terribilmente doloranti – forse perché molto spesso sono stata legata, o perché correre via non era una possibilità, quando mi prostituivo.

Questo è il trauma ordinario di una donna uscita dalla prostituzione. E’ la nostra norma, la nostra realtà: quella che la società tenta con tanto impegno di negare.(“Trauma is Made”)

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