(“Space invaders”, di Ndéla Faye, giornalista, 27 novembre 2013, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Le gambe pelose – o meglio, delle calze che sembrano gambe pelose – sono l’ultima innovazione in Cina intesa ad evitare l’attenzione maschile indesiderata e i palpeggi sui trasporti pubblici. Il concetto che tocca alle donne cambiare il proprio aspetto in ciò che viene definito “non attraente” per evitare le molestie sessuali è balordo, e alimenta la visione per cui le donne sono in qualche modo da biasimare per l’attenzione che ricevono, che la vogliano o no.

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Diciamo la verità: che una donna stia indossando un sacco di patate o stia camminando nuda per la strada non si tratta di un invito. Ma la sua appetibilità ha molto poco a che fare con la ragione per cui gli uomini le fischiano dietro, concerne qualcosa di più di questo: concerne l’invasione dello spazio di una donna. Come donne, siamo bombardate da messaggi che ci scoraggiano dal camminare in strade scure la notte, che ci dicono di non indossare abiti troppo corti, che ci ammoniscono su quanto dovremmo bere. Dovremmo saperla più lunga, dicono. Ma a quale punto ci fermiamo per attestare l’ingiustizia dei messaggi: invece di normare costantemente i corpi delle donne, quando ci fermeremo per dire agli uomini di comportarsi meglio? Quando insegneremo loro a non molestare? O a non stuprare?

L’interesse dei media per i recenti progetti sulle molestie in strada, in tutto il pianeta, mostra che l’invasione maschile dello spazio delle donne è un problema mondiale: lo testimonia l’arte di strada “Smettete di dire alle donne di sorridere” di Tatyana Fazlalizadeh, il documentario di Sophie Peeters sulle molestie da lei subite mentre camminava per Bruxelles, o le fotografie di Hannah Price che puntano la lente sui molestatori, invadendo il loro spazio nello stesso modo in cui loro invadono urlando quello delle donne.

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Le donne non sono all’esterno per intrattenervi – Uno dei manifesti di Tatyana

Sin da tenera età, alle ragazze si insegna ad incrociare le gambe, a non gridare troppo forte. Sebbene le cose stiano cambiando, ci sono ancora chiare discrepanze nel modo in cui trattiamo le donne, e le aspettative che abbiamo per maschi e femmine differiscono grandemente. Gli standard della bellezza comandano alle donne di essere esili, tipo fatine; la poesia di Lily Meyer “Donne che si raggrinziscono” si concentra sul diverso senso di legittimazione allo spazio di donne e uomini: “A te è stato insegnato a espanderti all’esterno, a me è stato insegnato a espandermi all’interno.” Come femmina, sente di essere stata incoraggiata ad occupare il minor spazio possibile al mondo (che si tratti di regolare il suo peso o il modo in cui si siede).

Il pericolo in questo è il senso di legittimazione degli uomini in spazi particolari. Un buon numero di blog documentano come gli uomini usano lo spazio sui trasporti pubblici allargando le gambe, monopolizzando i braccioli e mettendo borse sui sedili, mentre le donne sedute accanto a loro sono costrette a prendere il minor spazio possibile. Molte donne su questi siti sottolineano il fatto che anche mentre stanno camminando gli uomini tendono ad avanzare diritti addosso a loro, come se ci si aspettasse da loro che liberino la strada per gli uomini. Questo tipo di condizionamento sociale, in cui dalle donne ci si aspetta che si tolgano di mezzo dal cammino di un uomo, è dannoso per il modo in cui cresciamo.

L’argomentazione per cui talvolta le donne sono colpevoli di comportamenti simili manca il punto. Come spiega il tumblr “Move The Fuck Over, Bro”: “… il contesto sociale è totalmente diverso. Le donne stanno tentando di stabilire se stesse socialmente e di resistere alla pressione ad essere piccole e a ridurre se stesse all’acquiescienza, gli uomini stanno semplicemente seguendo l’ordine sociale di imporsi sugli altri ed essere dominanti; gli uomini stanno agendo da una posizione di potere, le donne no.”

Il dire a noi di continuo che siamo in qualche modo responsabili delle molestie che riceviamo, e che dobbiamo confinare i nostri corpi in spazi stretti, ci impedisce di sviluppare le nostre piene potenzialità. Letteralmente e simbolicamente. Sino a che le cose non cambieranno, potremmo solo dover sedere quiete sui nostri sedili, spiaccicate contro un finestrino, con le mani in grembo e le nostre calze pelose.

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