L’ultima conferenza l’ha tenuta nello scorso settembre, ad un’iniziativa laburista contro le politiche britanniche sull’austerità. “Ho vissuto molto a lungo e ho una buona memoria.”, ha detto agli oltre 300 delegati, “Ho attraversato due guerre mondiali e ho passato la maggior parte della mia vita da adulta a lavorare per la pace sul nostro pianeta. Non penso che gli esseri umani siano civilizzati, se ancora buttiamo tempo e denaro per ucciderci l’un l’altro, mentre dovremmo essere seduti attorno a un tavolo a discutere come migliorare le vite della gente comune. (…) Ricordo con dolorosa chiarezza come prima di avere un servizio sanitario nazionale le famiglie erano costrette a scegliere fra comprare le medicine per i loro bambini o il pane.” Al termine del suo discorso – potente, appassionato e preciso come al solito – il leader laburista Ed Miliband le ha chiesto: “Hai una parola che mi serva da consiglio?” E lei: “Te ne do’ due: giustizia sociale.” Questa era Hetty Bower, una donna che è stata un dono per l’umanità, e che ci ha lasciati il 12 novembre scorso, due settimane dopo aver subito un infarto, all’età di 108 anni.

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Hetty era infatti nata a Londra nel 1905, settima di dieci figli, quando in Gran Bretagna regnava Edoardo VII e le donne non avevano ancora il diritto di voto. La sua prima ispirazione fu il lavoro di sua sorella Cissie, una suffragista: quando le donne vinsero la lotta per il voto, la piccola Hetty era certa che avrebbe fatto del suo meglio per cancellare le molte altre ingiustizie di cui era testimone. Promise a se stessa che sarebbe stata un’attivista sino al suo ultimo respiro, e così è stato; il fatto che la sua morte abbia preso di sorpresa chi la conosceva è un tributo alla sua straordinaria forza vitale, che l’ha spinta a partecipare a manifestazioni anche negli ultimi giorni della sua esistenza: “Perché non dovrei marciare? – rispondeva a chi si faceva scrupoli del coinvolgere una centenaria – Ho buone gambe.”

E quelle gambe l’hanno portata dappertutto, dallo sciopero generale del 1926 al gestire un rifugio durante la II guerra mondiale per le persone che fuggivano dalla Cecoslovacchia; dalla “Battaglia di Cable Street” nel 1936, in cui fronteggiò la polizia e le camicie nere affinché non si tenesse un assalto organizzato contro gli ebrei, alle proteste contro i tagli nel welfare. E sempre, sempre è stata in prima linea alle dimostrazioni per la pace: “Possiamo non vincere, protestando. Ma se non protestiamo perderemo certamente. Se andiamo al confronto, c’è sempre la possibilità di farcela.”

A Hetty, probabilmente, non piacerebbe leggere questo pezzo. Ai giornalisti diceva che era meglio usare lo spazio a disposizione per far capire la minaccia delle armi nucleari o la necessità di uno stato sociale. Ma io sono solo una scribacchina e non ho spazi di quella portata, cara Hetty. E ho scritto di te perché mi manchi, perché amavi la musica, perché tua figlia ha definito il tuo sorriso “un gran raggio di sole”, e perché le tue ultime parole sono state: “Bandite la bomba, per sempre.” (dall’inno pacifista “The H-Bomb’s Thunder”). Maria G. Di Rienzo

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