«Sono un mostro», ha detto Vincenzo dopo la confessione. Ed è la frase peggiore che potesse pronunciare, per chi segue gli autori di maltrattamento. «È un meccanismo di difesa per non entrare in contatto con la “parte oscura” di sé. Come fa chi, da fuori, lo chiama mostro e vuole soltanto buttare via la chiave, allontanare il problema invece di affrontare tutte le sue complessità», spiega la criminologa Francesca Garbarino. Da dieci anni lavora nel progetto di trattamento per sex offender al carcere di Bollate e dal 2009 al Presidio criminologico territoriale del Comune di Milano.

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