C'è un distinguo da fare, secondo me, quando parliamo - e ne parliamo parecchio - di autofiction. Ah, c'è anche una premessa: prendete con le molle questo post, non interpretatelo, come alcuni e alcune hanno fatto quando ho scritto di letteratura del dolore, come un attacco a questo o quel libro: è ben meschino confondere una riflessione generale con "stai parlando con me? Ehi, stai parlando con me?". Anche perché quel che mi interessa è capire cosa sta accadendo, semmai, non il destino dei singoli testi e tanto meno mi interessa esternare cosa entri o meno nella famigerata tazza di tè di ognuno di noi.

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