venerdì 13 settembre 2013

Documento Comitati Se Non Ora Quando sul Decreto Legge per il contrasto alla Violenza sulle Donne

Noi donne di SE NON ORA QUANDO, come moltissime altre, viviamo un vivace ed approfondito dibattito sulle questioni sollevate dal DL sicurezza varato nel mese di agosto e contente norme in materia di violenza nei confronti delle donne, dibattito reso ancora più vario dal carattere di pluralità che ci contraddistingue.

In accordo con le indicazioni emergenti dal trattato di Istanbul, dalla Convenzione NO MORE, dal rapporto CEDAW e da tutta la ricca elaborazione che arriva da anni di lavoro sul campo da parte di operatrici e donne competenti osserviamo quanto segue:
così come già sostenuto nella nostra campagna 'Mai più complici 'e in tutti gli interventi che i comitati territoriali hanno portato avanti, la soluzione del problema costituito dalla violenza di genere non può che nascere dal riconoscimento che la questione non è emergenziale ma culturale e deve essere affrontata con un’ottica di educazione alla differenza di genere, alla prevenzione, alla autodeterminazione della donna.

Il termine femminicidio – che il movimento ha contribuito a diffondere – ha una sua cruciale importanza e deve essere adottato dalle istituzioni e dalla società tutta a significare la comprensione e la metabolizzazione del fatto che le donne vengono uccise ‘in quanto donne’ e non per inesistenti questioni ‘passionali’.

In questo senso le conclusioni del processo per l’uccisione di Stefania Noce che introducono per la prima volta nelle motivazioni di una sentenza il termine femminicidio e che condannano all’ergastolo in prima istanza l’assassino per premeditazione sono emblematiche della direzione che la giustizia e la applicazione della legge debbano prendere nel nostro paese.

Di fondamentale importanza, inoltre, è il lavoro che i centri antiviolenza e gli operatori tutti stanno portando avanti perché le donne raggiungano una sempre maggiore consapevolezza ed autonomia attraverso un piano di contrasto alla violenza declinato in ogni possibile forma di ‘accompagnamento’ nel percorso di fuoriuscita dalla violenza stessa.

Questo significa dunque che la presenza dello Stato all’interno della battaglia contro la violenza di genere non può che prevedere un robusto intervento di sostegno alla rete dei centri, alle campagne di informazione ed educazione a partire dai giovani e giovanissimi, ad un piano complessivo e generale che comprenda anche un potenziamento delle possibilità occupazionali che rendano le donne maggiormente indipendenti e quindi meno ricattabili.

Esiste una legge, la 154/2001, che prevede già moltissimi interventi a contrasto della violenza domestica e non, integrata dalle successive specifiche contro lo stalking ma che purtroppo non viene sufficientemente applicata.

Il DL sicurezza si inserisce certamente in un momento in cui il femminicidio, per i moltissimi casi che purtroppo si registrano quasi quotidianamente e per l’attenzione diversa che anche i media vi riservano, comincia ad essere percepito anche dall’opinione pubblica come espressione di una violenza tutta maschile perpetrata contro le donne. In questo senso riteniamo che il DL abbia, quindi, il merito di richiamare all’attenzione della politica e del paese tutto il problema della violenza e ci auguriamo possa fornire reali strumenti per un’ applicazione più rigorosa della la legge154/2001.

Nondimeno nel DL sono contenuti alcuni elementi che ci preoccupano e che riteniamo presentino forti criticità:

-non c’è un impegno concreto ad investire in percorsi educativi e formazione;
-non si prevedono finanziamenti ai centri antiviolenza e alle reti di supporto alle donne;

-non si parla di centri di ascolto o percorsi formativi per gli uomini maltrattanti;

entrando poi nel merito di alcuni punti del decreto, osserviamo che:
la non revocabilità della querela da parte delle donne offese è un’arma a doppio taglio. Potrebbe essere applicata in maniera responsabile solo se si garantisse concretamente alle donne che le violenze non continuino, ma questo può avvenire solo se viene finanziata e fatta crescere la rete di supporto alle donne in ogni momento del percorso di distacco.

l’inasprimento della pena di un terzo nei casi in cui le violenze vengano perpetrate da un coniuge/partner rispecchia la frequenza dei femminicidi che avvengono in ambito domestico, ma rischia di discriminare tutte le altre situazioni di violenza.

Osserveremo dunque con interesse il prossimo percorso del decreto, augurandoci che le istituzioni vogliano accogliere insieme alle nostre le osservazioni che giungono da tutto il mondo femminile e da numerose voci competenti; non c’è possibile sconfitta della violenza di genere senza un ampio lavoro culturale, preventivo, educativo.

PIEMONTE
SNOQ TORINO
SNOQ CUNEO

SNOQ BIELLA

LIGURIA
SNOQ LA SPEZIA
SNOQ TIGULLIO

LOMBARDIA
SNOQ LOMBARDIA
RETE DONNE SNOQ CREMONA
SNOQ LODI
SNOQ PIOLTELLO
SNOQ MANTOVA
SNOQ CESANO MADERNO (MONZA-BRIANZA)

TRENTINO ALTO ADIGE
SNOQ TRENTINO
SNOQ BOLZANO AA EIZ

VENETO
SNOQ VENEZIA
SNOQ PADOVA
SNOQ CITTADELLA
SNOQ SAN DONA' DI PIAVE
COMITATO DONNEMOGLIANO DI MOGLIANO VENETO

FRIULI VENEZIA GIULIA
SNOQ PORDENONE
SNOQ UDINE

TOSCANA
SNOQ FIRENZE
SNOQ LIVORNO
SNOQ MASSA
SNOQ PISA
SNOQ SIENA

MARCHE
SNOQ ANCONA 13 FEBBRAIO
SNOQ OSIMO
SNOQ SAN BENEDETTO DEL TRONTO

ABRUZZO
SNOQ TERAMO
SNOQ CHIETI

LAZIO
SNOQ ROMA
SNOQ CERVETERI

CAMPANIA
SNOQ NAPOLI
SNOQ SALERNO
SNOQ VALLO DI DIANO
SNOQ SAPRI
SNOQ CAVA DE' TIRRENI

PUGLIA
SNOQ PULSANO

CALABRIA
SNOQ REGGIO CALABRIA

SARDEGNA
SNOQ CAGLIARI

TEMATICI
SNOQ FACTORY
SNOQ SANITA’
GRUPPO DONNE E INFORMAZIONE
Presentato oggi alla Camera-commissioni affari costituzionali e giustizia nell'ambito della audizioni sulla violenza di genere il documento elaborato da numerosi comitati territoriali e tematici snoq e risultato di una ricca discussione avvenuta all'interno del  coordinamento nazionale Snoq.

mercoledì 27 giugno 2012

“La Pubblicità e il Corpo-oggetto : un altro modo esiste”


 Per noi Snoq Napoli  è importante riconfermare che la novità e  l’incisività  dell’impegno politico di SNOQ è nella tensione verso una trasformazione culturale che segni profondamente il cambiamento dei modelli nei rapporti relazionali, nel lavoro, nell’economia, nella rappresentanza puntando a una diversa qualità della vita del nostro Paese.

Il 13 Febbraio  siamo scese in migliaia in piazza
anche per mostrare la vera immagine delle donne italiane, donne responsabili, solari, orgogliose, creative, di lunga storia ed esperienza, competenti, infaticabili, amanti della bellezza, dell’impegno, dei valori della costituzione e della  democrazia; donne reali, lì  per denunciare anche che la televisione, la pubblicità, i media non davano assolutamente più da tempo una rappresentazione reale, autentica di noi tutte.

Sotto accusa, ancora oggi, da una parte  le strategie economiche  di una politica   neoliberista le cui ricette rigettano le donne nel precariato, sospingendole nella spirale assistenziale familiare ed escludendole da un possibile ruolo sociale; dall’altra l’arroganza  di  un  potere politico culturale dominante, fondato sui valori del denaro, del consumo, del mercato, che usa i media per condizionare bisogni e desideri, per  imporre  stereotipi  sessisti  che rappresentano la   donna  vittima, talvolta consenziente, di un  uomo, eterno cacciatore, padrone di oggetti e persone.
I recentissimi dati ISTAT sulla crescente e grave emarginazione sociale,  quelli  sulla violenza sessuale, stigmatizzati finanche da Amnesty International e dalla commissione ONU (rapporto CEDAW) infatti, sono la testimonianza  di una società che  stenta a compiere il suo processo civile di convivenza rispettosa delle diversità.


Oggi il CP di Se Non Ora Quando chiede al presidente della Rai “ il 50% di donne nel Consiglio di amministrazione e una nuova missione culturale della Rai nel loro segno e per cambiare, con tutta la ricchezza dei linguaggi che il mezzo offre, simboli e narrazione del paese”. Se Non Ora Quando? per la RAI

Ieri mattina 25 giugno, una delegazione di Snoq Napoli  ha discusso con l’Assessorato  alla Scuola e all’Istruzione  del Comune  la bozza per il nuovo progetto di educazione alla cultura di genere  per il  prossimo anno scolastico nelle scuole di tutti i gradi, dando continuità al percorso iniziato

Il lavoro fatto
L’iniziativa politica di Snoq Napoli di portare un focus su l’Immagine  e la Rappresentazione  della donna nasce giusto per opporre a questa politica svalutante e discriminatoria del genere un  modello culturale fondato sul riconoscimento simbolico e reale del ruolo che alle donne spetta nella organizzazione e nella gestione  della società, nella sfera pubblica ed in quella privata.

Il 31 maggio scorso, con la premiazione dei manifesti più originali e coerenti con il compito assegnato,  si è infatti conclusa la prima fase della campagna contro la pubblicità lesiva della dignità  della donna e  della persona lanciata da SNOQNapoli attraverso il concorso  “La Pubblicità e il Corpo-oggetto : un altro modo esiste”, rivolto agli studenti napoletani di ogni ordine e grado (dalle elementari all’Università) con il patrocinio del Comune di Napoli.










L’invito a smontare il modello proposto dalle pubblicità stradali e televisive ha raccolto l’adesione entusiastica  e fortemente partecipata di più di 200 studenti e studentesse e dei loro insegnanti.
Bravi le ragazze ed i ragazzi che si sono cimentate/i, brave le docenti che hanno raccolto e valorizzato l’iniziativa, buona l’idea che rilanciamo a tutti i Comitati Territoriali SNOQ, per un’iniziativa di rete.

Abbiamo portato nelle scuole una proposta di sensibilizzazione, di denuncia, di contrasto  sulla rappresentazione scorretta, irrispettosa, frustrante del Corpo-Oggetto, in particolare di quello  femminile, in ambito mediatico e nel discorso pubblico, espressione latente e non, di una aggressività e violenza maschile sempre più diffuse nel paese. La pubblicità sessista è per noi una delle radici della violenza sulle donne.

Nelle scuole sono stati strutturati  dei laboratori  di  osservazione  di immagini che ricorrono nelle pubblicità stradali di uomo, di donna, di bambini, ridotti a corpo/oggetto; di  decodifica  degli stereotipi e dei messaggi subliminali; di riflessione sui valori e sui modelli dominanti, sui miti del nostro tempo;  di  produzione  rappresentativa di un modo diverso di fare pubblicità. 
Voci   e sguardi   differenti per  età e  formazione culturale, pur nella loro specificità espressiva  ci hanno restituito una omogenea  critica su costumi e comportamenti della società.
La tempesta di immagini  stereotipate di corpi di donne ipertrofici  e seduttivi, di uomini palestrati, di bambine ammiccanti “adultizzate”, di bambini  omologati, privi di identità, inespressivi, esposti per  pubblicizzare una merce, trasformati essi stessi in merce  o in oggetti disponibili  di attrazione sessuale è lo specchio di una società nella quale i giovani non si riconoscono.










  
 Senza ipocriti moralismi alcune ragazze hanno manifestato il gusto dell’esibizione del corpo, la voglia di essere apprezzate, il desiderio  di un intervento estetico anche chirurgico per ritrovare una identità in cui riconoscersi, l’ambizione di sfondare nel mondo dello spettacolo. Tutto ciò non autorizza,tuttavia, a ritenere consequenziale la mercificazione del corpo, la sottomissione al potente di turno, la rinuncia al proprio cervello, la propria riduzione a bambola “Barbie”, l’erotizzazione  della “baby model”.
Alla  domanda  se è possibile liberare l’immaginario dagli stereotipi, dal sesso volgare, dalla trasgressione violenta, dal cattivo gusto, con una pubblicità “altra”, si è risposto dalle scuole con una generosissima produzione di messaggi ed immagini a sfondo ambientalista, pacifista, salutista, ludico, solidale, con la rappresentazione di volti autentici, di corpi  naturali, con gusto estetico  e rispetto della persona, per pubblicizzare un profumo per uomo, uno smalto per donna, un jeans  per bambini.















E’ possibile dunque rompere gli schemi: è questa la lezione di ottimismo che è stata raccolta dalle relatrici SNOQ nell’introdurre il  dibattito pomeridiano, tra  intellettuali, rappresentanti istituzionali, operatrici culturali e scolastiche, studiose del linguaggio di genere, di movimenti femminili e femministi, invitate a proseguire il percorso avviato, dalla contestazione  dell’immagine offensiva, all’ affermazione di una  nuova cittadinanza di genere nel consesso della Polis.

Sono state condivise le riflessioni su alcun problematiche ineludibili quali:
a)   la responsabilità collettiva nella perdita di valori, di sentimenti, di passioni, quando si sono assunte come universali  le distorsioni maschiliste nell’interpretazione dell’amore come violenza, della libertà come possesso, del desiderio come bisogno di consumo, dell’economia come spreco, del piacere come fobia sessuale, dell’essere come apparenza, del corpo come oggetto;
b)    la riproposizione di nuovi stereotipi di genere all’interno di un “sessismo democratico” per cui  se è vero che in uno stato di “diritto” è  “politicamente corretto” concedere  leggi  di parità alle donne, è altrettanto vero che  puntualmente le stesse siano state limitate o cancellate da  un potere maschile non disposto a rinunciare ai privilegi e ai principi di dominio e di sopraffazione sulla donna, storicamente acquisiti e riproposti   da una  cultura neopatriarcale;
c)    l’acutizzarsi della violenza maschile  contro il processo di  liberalizzazione dei rapporti praticato dalle donne. La libera scelta della donna nella gestione del suo corpo e dei suoi sentimenti,  la sua eventuale sottrazione al  rapporto possessivo  non è tollerata dal partner. Abituato ad imporre le regole del gioco egli  vive come diminuzione e come sconfitta un gesto di rifiuto che lo induce ad atti degenerativi di violenza, persecuzione, stalking,  femminicidio, che spesso la società tende a comprendere  o  giustificare.

E’ evidente il  contrasto stridente tra questa resistenza  maschile al cambiamento  e  la rapida trasformazione della coscienza delle donne che rifiutando ogni forma di subordinazione e di alienazione, non mirano certo  a contrapporsi al potere maschile, ma piuttosto ad affermare un diritto ed un desiderio  di costruire una società di pacifica convivenza e libera realizzazione delle persone:si tratta di operare un nuovo approccio culturale-relazionale,
La scommessa di una “rivoluzione culturale”si gioca su due piani:
quello istituzionale, attraverso la denuncia della violenza fisica e psicologica, la punizione rigorosa  nei confronti degli aggressori, l’assistenza alle vittime di violenza con supporti adeguati (centri antiviolenza, centri accoglienza); un adeguato lavoro e sostegno per gli uomini maltrattanti
quello della formazione ed educazione ai sentimenti, all’erotismo, ai linguaggi di genere che coinvolge in prima istanza la cultura scolastica, i media, i costumi e comportamenti collettivi.

Il lavoro che intendiamo fare
In tale direzione stiamo costruendo una rete di rapporti  sociali  per una  ampia articolazione di interventi che deve vedere protagonisti attivi, insieme al movimento Snoq e alle istituzioni municipali che stiamo coinvolgendo, genitori e studenti, giornalisti, pubblicitari, editori,  artisti  ed esperti multimediali, nell’obbiettivo di una azione di sensibilizzazione e di educazione al rispetto dei generi. Ipotizziamo quindi l’attivazione di un laboratorio sperimentale  che offra strumenti di comprensione, di  prevenzione e di contrasto  tra i quali :
1.    cogliere ed eliminare il sessismo dal materiale educativo;
2.    promuovere interventi di sensibilizzazione con genitori e case editrici;
3.    insegnare diritti e obblighi uguali tra maschi e femmine in famiglia, a scuola, nella società;
4.    fare attenzione ai giochi sin dalle scuole d’infanzia e al linguaggio nei libri di testo;
5.    sensibilizzare alle problematiche relazionali, al distinguo tra gioco e violenza;
6.    rilanciare un’educazione ai sentimenti, alla formazione del pensiero libero, al piacere del sesso nel rispetto del corpo e delle diversità.
7.    formare un’educazione alla cittadinanza con un esercizio quotidiano di attiva e consapevole  partecipazione alla vita della Polis.

Snoq Napoli

lunedì 11 giugno 2012

L’OBIEZIONE ALL’ABORTO È L’OBIEZIONE ALL’AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE


Il movimento Se Non Ora Quando? pone tra i punti fondamentali della sua azione politica nazionale la maternità libera, il rispetto cioè delle scelte della donna sia quando affronta l’esperienza della maternità, scelta libera nella sua autodeterminazione, possibile nella sua sostenibilità e responsabile nel suo valore etico, sia quando è dolorosamente costretta all’interruzione della gravidanza.

In ambedue i casi è la certezza dei diritti che rende attiva la cittadinanza, rompe la solitudine e l’isolamento della donna, e la pone al centro di una responsabilità civile, condivisa e solidale.

Il diritto all’aborto votato dal referendum del ‘78, e sancito dalla legge 194, oggi viene sostanzialmente negato dalla iniqua ripartizione di medici obiettori/non obiettori, da servizi insufficienti e inadeguati, dalla mancanza delle informazioni necessarie all’accesso, senza i quali il diritto alla maternità desiderata viene compromesso e la possibilità dell’autodeterminazione della donna non si concretizza.

I diritti alla contraccezione ordinaria, alla contraccezione di emergenza (la pillola dei 5 giorni dopo), all’aborto con la pillola Rsu486, all’aborto terapeutico, in Italia non vengono garantiti come nel resto d’Europa, anche a causa dell’obiezione di coscienza (clausola 9 inserita nella 194) sempre più estesa in un contesto di disinvestimento nel servizio sanitario pubblico, sia nelle strutture che nelle risorse umane.
Eppure l’adempimento al dettato della L. 194 è un obbligo la cui violazione è sanzionabile sotto il profilo civile e penale; non è in gioco il solo diritto all’interruzione di gravidanza, ma il diritto fondamentale alla salute della persona.
Seppure rispettiamo il principio del diritto all’obiezione di coscienza, oggi assistiamo ad un aumento degli obiettori non più compatibile con l’applicazione della L.194. ( La relazione ministeriale 2010 sull’applicazione della legge riporta percentuali di obiezione fino al 90% )

Inoltre riteniamo che all’aumento del numero degli obiettori corrisponda un ritorno dell’aborto nel privato. Chiediamo :


1)
di potenziare i consultori territoriali per favorire azioni di prevenzione e di cura

2) di garantire l’applicazione della legge 194 attraverso:
- la certezza dell’accesso alla prestazione
- l’efficienza delle prestazioni erogate
- le azioni a sostegno della salute psicologica della donna
- la diffusione delle informazioni per l’orientamento ai servizi


3)
di creare un Albo regionale dei medici e degli infermieri obiettori con obbligo di pubblicità nelle strutture pubbliche, accreditate e private

4)
l’obbligo per legge della presenza di un servizio pubblico specifico

5)
di organizzare concorsi riservati a medici non obiettori (proposta di legge del giurista De Filippis ** )

6)
campagne informative e progetti educativi di educazione sessuale. 

SNOQ Napoli propone che agli obiettori di coscienza, così come in campo militare, venga richiesto un impegno civile nel campo della prevenzione rivolto alla sensibilizzazione e alla formazione delle Donne e degli Uomini ad una vita sentimentale - sessuale  e genitoriale consapevole e responsabile 

Contemporaneamente che sia assicurato il diritto alla maternità desiderata per TUTTE le donne a carico della fiscalità generale. 
 

Comitato Se Non Ora Quando Napoli

Il buon medico non obietta  


* Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.

** «L’obiezione di coscienza» ha spiegato De Filippis «è un valore laico e costituzionale, non solo religioso. Per questo vanno stabilite regole che non la banalizzino e allo stesso tempo obbligano a che il servizio sia garantito». Tra le proposte inviate alle Regioni anche quella di consentire alle strutture ospedaliere che forniscono il servizio di Ivg «di avvalersi di medici gettonati per sopperire alle carenze di medici non obiettori laddove non si riesca a garantire un equilibrato bilanciamento fra i medici strutturati obiettori e non obiettori».

#save194


Pubblichiamo questa pagina postata oggi da vari blog sulla difesa della 194




Sembra, ogni volta, di dover ricominciare da capo.
Facciamolo, allora, e partiamo da una domanda. 
Questa: “tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri?”. La risposta è no.
Non possono farlo, non liberamente, e non nelle condizioni ottimali, le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale, drammaticamente limitata dalla legge 40.
Non possono farlo le donne che scelgono, o si trovano costrette a scegliere, di non essere madri: nonostante questo diritto venga loro garantito da una legge dello Stato, la 194.
Quella legge è, con crescente protervia, posta sotto accusa dai movimenti pro life, che hanno più volte preannunciato (anche durante l’ultima marcia per la vita), di volerla sottoporre (di nuovo) a referendum.

L’articolo 4 di quella legge sarà all’esame della Corte Costituzionale – il prossimo 20 giugno – che dovrà esaminarne la legittimità, in quanto violerebbe ” gli articoli 2, (diritti inviolabili dell’uomo), 32 I Comma (tutela della salute) e rappresenta una possibile lesione del diritto alla vita dell’embrione, in quanto uomo in fieri”.

Inoltre,  quella legge è svuotata dal suo interno da anni. Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.
Dunque, è importante agire. Vediamo come.

Intanto, queste sono alcune delle iniziative che sono state prese:
1) Lo scorso 8 giugno,l'AIED  e l' associazione Luca Coscioni hanno inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge. “Siamo altresì pronti a monitorare con attenzione l’applicazione corretta della legge e, se necessario, a denunciare per interruzione di pubblico servizio chi non ottempera a quanto prevede la legge”, hanno detto.
Le proposte sono:
Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.
2) La scorsa settimana ha preso il via la campagna contro l’obiezione della Consulta di Bioetica Onlus: qui trovate le informazioni e qui   il video.

Diffondere queste informazioni è un primo passo. Ce ne possono essere altri. Fra quelli a cui, discutendo insieme, abbiamo pensato, ci sono:
1) Raccogliere testimonianze. Regione per regione, città per città, ospedale per ospedale, segnalateci gli ostacoli nell’accesso all’IVG e alla contraccezione d’emergenza. Potete farlo anche in forma anonima, nei commenti al blog. Ma è importante: perché solo creando una mappa dello svuotamento della legge è possibile informare su quanto sta avvenendo ed eventualmente pensare ad azioni anche legali.
2) Tenere alta l’attenzione in prossimità del 20 giugno. Lanciate su Twitter l’hashtag #save194, fin da ora.
L’intenzione di questo post è quella di informare. Non è che il primo passo: perché la libertà di scelta continui a essere tale, per tutte le donne italiane.

postato in contemporanea da


domenica 27 maggio 2012

OLTRE L'IMMAGINE

il Comitato e la Rete SENONORAQUANDO Napoli
 organizzano

SGUARDI OLTRE L’IMMAGINE
PER UNA NUOVA CONVIVENZA NELLA POLIS

 Giornata di chiusura del Concorso nelle scuole e Incontro/dibattito a più voci

 GIOVEDI'  31 Maggio  al Centro " La Città del Sole"
Forum delle Culture,  Vico Maffei 18 (s.Gregorio Armeno)
 

la mattina  dalle 9 e 30 ci sarà l'esposizione  e la premiazione  dei manifesti vincenti  alla presenza dell'assessora Palmieri, in occasione della chiusura del Concorso di Se Non Ora Quando 


Hanno aderito al bando 20 Istituti scolastici di tutti i gradi e sono state elaborate più di 50 opere. Abbiamo raccolto tutti i lavori che sono stati prodotti dalle allieve/i e il 31 mattina  saranno tutti presentati  in una ESPOSIZIONE APERTA ALLA CITTA'. Per ogni istituto una ragazza o un ragazzo esporrà  le suggestioni, le emozioni , le riflessioni che sono emerse durante il percorso laboratoriale  rendendoci partecipi  della loro elaborazioni

Ai docenti, la responsabilità del prosieguo della tematica dell'educazione di genere che ci auguriamo sarà accompagnata dal sostegno e dalla progettualità del Comune di Napoli

A metà mattinata avremo con noi il  Maestro burattinaio Bruno Leone  di Vico Pazzariello  che presenterà " Il Segreto di Pulcinella" 1 parte


nel pomeriggio   dalle 17,00 in poi ci sarà un incontro /dibattito  a più voci :  
 
 
per approfondire ulteriormente le motivazioni e le prospettive  di questo impegno di Se Non Ora Quando Napoli  sui temi della violenza, degli stereotipi femminili, dell'importanza dello sviluppo di una cultura di genere,  per restituire dignità  allo sguardo e al  ruolo delle donne nel nostro paese anche attraverso il tema dell'Immagine e Rappresentazione della donna nel più ampio tema dell'Educazione  e della Cultura di genere.
 
 
 
 
 

lunedì 21 maggio 2012

IL NOSTRO SALUTO A MELISSA: NOI NON ABBIAMO PAURA




L'attentato vigliacco e sanguinoso di Brindisi, che ha causato la morte di Melissa, una ragazza sorridente e piena di speranze, e il ferimento di altre giovani donne, ci ha scosso e addolorato profondamente, ma ci ha viste pronte a reagire, e chiediamo di farlo tutti insieme per difendere e continuare a costruire un Paese democratico.
Per noi donne la violenza non è tema nuovo, ma tristemente antico.
E forse per questo ancora una volta, abbiamo fatto rete.
Siamo scese in piazza in tutta Italia, a fianco della gente, delle ragazze e dei ragazzi di scuole ed università, di un paese che non riesce a trovar pace, ognuna come e dove poteva, ognuna partendo da sè.
Non molliamo, teniamo duro.
Se anche è presto per comprendere le matrici di questo attentato è però assolutamente tempo di fare muro, di essere compatti e di non lasciar spazio.
Noi donne di Snoq idealmente abbracciamo Melissa, fiore spezzato, le sue compagne, che ancora lottano per la vita e le loro famiglie.
E assieme a loro Francesca Morvillo, alla quale è intitolata la scuola teatro di questo ennesimo crimine orrendo; una grande donna, un brava magistrata, rimasta a combattere sino all'ultimo.
Siamo accanto ai genitori, alle ragazze, ai docenti e tutto il personale che stamattina ha deciso di andare a scuola, di rispondere con la "normalità" all'orrore e al tentativo di instaurare un regime di paura e immobilità.
Con Melissa, vittima inconsapevole, con Francesca e con tutte le donne che sono cadute per il rispetto, la dignità, l'onestà ed un mondo più giusto. 

NON CI FANNO PAURA: LE DONNE CONTINUERANNO A LOTTARE. 

SNOQ CITTA’ – RETE DEI COMITATI TERRITORIALI SE NON ORA QUANDO

LE DONNE DI NUOVO IN CAMPO: LA 194 NON SI TOCCA

i Comitati territoriali "se non ora, quando?" rispondono con fermezza alla manifestazione romana del movimento per la vita del 13 maggio 2012, la 194 non si tocca, anzi va applicata!  

per le adesioni al documento: https://www.facebook.com/groups/196161910498079/
Sono scesi in piazza contro le donne, dichiarandosi paladini della vita.
Il 13 maggio a Roma sono scesi in piazza contro la 194: la legge dal titolo "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" che era nata per debellare la piaga dell'aborto clandestino, e grazie alla quale gli aborti sono diminuiti del 60%.
Si chiamano movimento per la vita, si appellano alla difesa della vita, ma fingono di non sapere il prezzo pagato dalle donne negli anni precedenti alla legge 194: l’aborto clandestino, la mancanza di informazione sulla contraccezione, la mancanza di quei consultori che ora sono sotto attacco.
Hanno sfilato tenendo alta la fiaccola ideale della salvaguardia della vita, fingendo di non sapere che proprio l'applicazione di questa legge previene e riduce gli aborti.
Sono scesi in piazza, e avevano al loro fianco il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha svilito la propria carica per calcoli politici.
Le donne dicono basta: nessuno tocchi la legge 194, nessuno tocchi la nostra salute, nessuno tocchi la nostra autodeterminazione.
Nessuno si azzardi più a chiamare "assassine" le donne che abortiscono.
Chi è davvero "contro l'aborto" difenda la 194. 
Siamo pronte a dare battaglia: per la legge e la sua applicazione.
Per consultori funzionanti in tutto il territorio.
Per una corretta informazione ed educazione sessuale.
Dalla parte delle donne e delle loro scelte.
Vogliamo rispetto.

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