mercoledì 23 marzo 2016

Il ritorno dell'araba fenice

Eccomi qui! In fondo è solo un anno che non entravo nel mio stesso blog e, ancora peggio, non scrivevo nulla. Non che sono mancata a qualcuno...ci mancherebbe :D

Rientrando però ho notato con molto piacere che qualcuno ha lasciato un paio di commenti positivi ai miei sparuti post e così, preda della mia vanità tutta femminile, torno a buttare giù un paio di righe. Cosa è successo nell'ultimo anno? Bé di tutto. Si potrebbe racchiudere tutto in: MORTE E RESURREZIONE. Visto che siamo a ridosso di Pasqua mi pare doveroso usare metafore religiose. Non starò qui ad ammorbare nessuno con la mia storia strappalacrime. Ma tutto questo tempo mi ha insegnato che noi donne siamo creature davvero speciali, capaci di affrontare ogni tipo di distruzione a cui siamo soggette. Ho vissuto il mio anno zero. Le macerie sparse ovunque e solo la consapevolezza che dovevo, in qualche modo, ricostruire tutto. Da sola. All'inizio tanta confusione. Poi qualche spiraglio di luce. Dopo un anno si torna a splendere. Le ferite sono quasi diventate cicatrici e l'orgoglio di essere come sono è aumentato esponenzialmente. Da tutto il negativo che mi ha circondato sono riuscita a tirare fuori il meglio di me e a capire che IO vengo prima di tutto. Sono frasi banali che avrete letto e sentito mille volte, ma volevo riprendere a scrivere su questo blog con un post "autocelebrativo" . Qualcosa che suona tipo: "Ehi figli di puttana, un'araba fenice puoi provare ad ammazzarla tutte le volte che vuoi, risorgerà sempre dalle sue fottute ceneri!!".

Quindi care ragazze: non smettete mai di credere in voi stesse e non permettete mai a nessuno di camminarvi in testa.
Detto ciò...spero di riuscire ad aprire nuovamente la mia vena creativa e a scrivere qualcosa di interessante. A prestooooooooooooooooo!

domenica 8 marzo 2015

Oriana, una donna

Non scrivo da tanto. Torno a farlo oggi. Potrebbe essere solo un caso che oggi sia l'8 marzo, oppure potrebbe non esserlo. Da molto tempo sento il bisogno, la stringente necessità di riversare nella parola scritta i miei sentimenti, le mie frustrazioni, le mie gioie e i miei dolori. Non sto attraversando un bel periodo. Certo, ne ho passati di peggiori, E sono sicura che anche stavolta ne uscirò fuori vincitrice e più forte di prima. Non starò ad annoiare nessuno parlando dei miei fatti personali. Ma vorrei parlare, in questo giorno dedicato alla donne, di una di esse che, durante questo periodo un pò buio per me, mi ha aiutato e tuttora mi aiuta a continuare a credere a me stessa, a rispettarmi, ad amarmi, a non arrendermi mai. 
Oriana Fallaci è scomparsa da quasi dieci anni. Una figura che mi ha sempre affascinato ma a cui, stranamente, non ho mai dedicato del tempo per cercare di conoscerla meglio. Non so se è stato un caso il fatto dell'aver deciso di avvicinarmi a lei in un momento simile. In un momento in cui mi sono dimenticata di me stessa, dei miei sogni, delle mie passioni. Certo, l'ho fatto per qualcosa, o meglio, per qualcuno di veramente importante. Ma non si sa come, ad un certo punto, mi sono ritrovata a sentirmi nuda, spoglia di ogni mia caratteristica peculiare, di ogni mio personalissimo sogno o ambizione. Completamente assorbita da un'idea. Neanche da una persona ma dall'idea di questa persona. 
Bé a un certo punto ho reagito. Ho capito che bisognava rivedere le mie priorità. Non so spiegare il motivo per cui mi sento così grata nei confronti di Oriana. So solo che, grazie anche lei, ho aggiustato il tiro e intravedo di nuovo il bello e il buono di me stessa, riuscendo, di riflesso, ad intravedere il meglio anche degli altri. Era una donna coraggiosa, forte e amante della vita. Credo fermamente che tutte le donne abbiano queste qualità, ma per cultura, per religione, per mentalità, molte di noi non se ne rendano neanche conto o, come me, se ne dimentichino. Bé lei non se ne è mai dimenticata. Lei, con la sua vita, ha celebrato la femminilità, ha fatto capire al mondo che una donna può fare tutto. Può affrontare tutto. Può sopportare tutto. Non era una femminista. Amava gli uomini. Ma di più amava se stessa. E in questa epoca di femminicidi, di discriminazioni, di violenza fisica e psicologica noi donne non dovremmo mai dimenticarci di amare noi stesse. Prima di tutto. Rispettiamoci, amiamoci. Non abbandoniamo i nostri sogni e le nostre passioni. Coltiviamole, condividiamole e facciamole grandi. Tutte le donne del mondo dovrebbero avere la consapevolezza che l'essere "donna" è un dono e che questo dono sta proprio nella diversità che ci contraddistingue rispetto all'uomo. Ma questa diversità non deve mai diventare una condizione discriminante. 
Termino questo articolo con una frase di Oriana, una di quelle che mi ha più colpito:


Auguri donne, splendide e sfolgoranti creature.



giovedì 3 luglio 2014

Donne nell'arte. Per la serie "dannata bellezza": Medusa!

Voglio proseguire con la serie delle donne nell'arte parlando di un personaggio della mitologia greca molto famoso e, a mio avviso, dalla storia molto triste. Parlo di Medusa. Quando la sentiamo nominare, la prima cosa che ci viene in mente è la sua testa contornata da vipere e il fatto che, se guardata negli occhi, si diventa di pietra. Molti di noi sapranno certamente anche il motivo per cui Medusa è diventata quell'orribile mostro che tutti conosciamo oggi. Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la sua triste storia.
Medusa (l'Astuta) era la figlia di due divinità marine, Forco e Ceto. Oltre a lei, i due avevano generato altre due splendide figlie, Euriale (l'Ampia) e Steno (la Forte). Il trio lo conosciamo meglio con il nome di Gorgoni. La nostra eroina spiccava tra le tre per la sua bellezza e per i suoi magnifici capelli ma (e ti pareva che non c'era un ma) era anche, a differenza delle sorelle, mortale.
Un bel giorno, Poseidone, dio del mare, decise di scendere dal dorato Olimpo per andare a fare un giro nel giardino delle Esperidi, che si trovava vicino al regno dei morti e dove abitava Medusa, insieme alle sue sorelle. Passeggia di qua, passeggia di là e, ovviamente, si imbatte in Medusa, innamorandosene all'istante. Il dio rimane talmente folgorato dalla sua bellezza che, in un istante, decide di trasformasi in uccello, rapisce la bella Medusa e la seduce in un piccolo tempio dedicato alla dea Atena. 
La pudica Medusa, presa da un'ondata di vergogna, corre a nascondere il volto dietro l'egida della dea. Atena, che, come ben sappiamo, non era una tipa tollerante, monta in una divina collera e punisce la povera ragazza deflorata nel suo tempio. E dove la colpisce? Indovinate un pò? Sulla cosa più ovvia: la bellezza. In primis si sfoga sui fluenti capelli di Medusa, trasformando la sua testa in una cesta di vipere e serpentelli di ogni genere. Della serie: avoglia a comprare balsami e creme ristrutturanti! 
Al posto della bocca, Atena fa apparire un antro mostruoso contornato da enormi denti aguzzi, simili a quelli di cinghiale. Poi passa a mani e piedi, i quali vengono trasformati in bronzo (in bronzo??? Mah..) e dotati di artigli da leone, lunghi e affilati. Atena, ancora non contenta, lancia un altro paio di maledizioni alla povera Medusa: ogni volta che qualcuno incrocerà il suo sguardo diventerà di pietra; inoltre rende il suo sangue magico: quello che sgorgava dalla vena destra avrebbe avuto il potere di resuscitare i morti; quello che sgorgava dalla vena sinistra era un veleno mortale. Insomma, tirando le somme, Atena rese questa ragazza un disastro. Conciata in questo modo, ovviamente, la povera Medusa venne condannata a finire il resto dei suoi giorni in un antro cavernoso, pericolosamente vicino agli Inferi.
Ma, purtroppo, non finisce qui. L'intraprendente ed eroico Perseo, viene incaricato di uccidere la Gorgone. Per portare a termine questa difficilissima missione, viene aiutato in maniera scandalosa dagli dei. Hermes gli donò una falce per tagliare via la testa della mostruosa Medusa; Atena (che non poteva certo mancare) regalò a Perseo uno scudo lucido al suo interno, per identificare la posizione del mostro senza correre il rischio di guardarla negli occhi e rimanere pietrificato. Riceverà nel suo cammino altri numerosi aiuti, che non starò qui ad elencare. L'eroe, finalmente, riesce a scovare Medusa e, da impavido eroe qual era, la uccide tagliandole di netto la testa. 
Ma abbiamo almeno una buona notizia: dal sangue sgorgato dalla testa di Medusa nacquero due creature, il cavallo alato Pegaso e il guerriero Crisaore, quest'ultimo dotato già dalla nascita di una falce dorata. Questi erano il frutto dell'unione che Medusa aveva avuto, clandestinamente, con Poseidone. 
Portata a termine la missione, il buon Perseo decide di fare un dono ad Atena, per ringraziarla dell'aiuto ricevuto: impacchetta ben bene la testa del mostro e la porge alla dea la quale, con un gusto del macabro da non sottovalutare, la usa per ornare la sua egida. 
Insomma: tutti felici e contenti tranne questa povera ragazza che aveva, come unica colpa, quella di essere particolarmente bella e avere meravigliosi capelli. Ah la bellezza! Questo dono così bello e nel contempo così portatore di sventure. Oltre a suscitare l'attenzione di aitanti dei dell'Olimpo, attira le gelosie di dee, a quanto pare, isteriche e poco sicure di se stesse, le quali sfogano le loro repressioni e depressioni su queste povere donzelle. Medusa non solo viene sedotta e abbandonata da quel chiacchierone di Poseidone, ma deve subire anche l'ira di Atena che la punisce, davvero ingiustamente, solo perché la poveretta aveva nascosto il viso dietro la sua egida. Secondo me questa è una scusa bella e buona: Atena rosicava e basta.

Abbiamo ripercorso la storia di Medusa. Come tante altre storie dell'affascinante mitologia greca, anche questa è stata oggetto di rappresentazione da parte di artisti di ogni tempo. Vediamo un pò nel dettaglio qualche esempio.


Se doveste scegliere una figura spaventosa da dipingere su uno scudo da combattimento, per quale optereste? Tra le varie possibilità vi consiglio, senza ombra di dubbio, quella della testa mozzata di Medusa. A quanto pare Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, la pensava come me. E siccome lui era uno che amava il realismo, non poteva non rendere nel migliore dei modi questa orrenda creatura. Non riesco a guardare questo scudo senza provare un brivido di raccapriccio lungo la schiena. La bocca della Gorgone è spalancata in un orrido e soffocato grido, bloccato nell'istante in cui la testa salta dal resto del corpo. L'espressione degli occhi, fissi su un unico punto e così reali, è spaventosa e racchiude in sè tutto l'orrore e la paura di chi ha capito che sta per morire. I giochi di luce e di ombra, nei quali il Caravaggio è famoso e insuperabile maestro, enfatizzano il movimento sinuoso degli orrendi serpenti sulla testa di Medusa. L'artista lombardo, in questo caso degno predecessore di Tarantino, non tralascia nessun particolare macabro e fa schizzare verso il basso il sangue sgorgato dalla testa appena recisa. Era il 1598 e, un urlo così angosciante, l'avrebbe nuovamente tirato fuori solo Munch, parecchi secoli dopo. Caravaggio non ci delude mai. 



Non troppi anni dopo, nel 1618 precisamente, un altro sommo artista tira fuori una tela dedicata a Medusa. Pieter Paul Rubens ce la mette proprio tutta a rendere questo soggetto il più ripugnante possibile. L'artista inserisce la testa di Medusa in un ambiente all'aperto, la riva rocciosa di un posto remoto nel mondo. Il capo mozzato è, ovviamente, in primo piano, contornato da una serie di esseri viscidi tra cui, ovviamente, serpenti e insetti di ogni genere, dipinti con moltissima cura dei particolari e fedelissimi alla realtà. Lo sguardo della Gorgone è ancora più allucinato di quello dipinto da Caravaggio; dal sangue che fuoriesce dalla testa continuano a generarsi altri, orribili, piccoli serpentelli. La luce livida di un'infausta notte filtra da sinistra e illumina impietosamente la raccapricciante scena. 

Se volete fare sonni tranquilli non guardate questo quadro prima di andare a dormire.


Anche uno scultore elegante e raffinato come Benvenuto Cellini, include tra i suoi splendidi capolavori una statua dedicata al mito di Medusa, mettendo in luce, però, molto di più, l'eroe Perseo. Quest'ultimo è bloccato in una posa che richiama, molto da vicino, quella del David di Michelangelo: fisico perfetto, muscolatura resa meravigliosamente anche grazie all'effetto della luce sul bronzo. Perseo appare fiero della sua impresa, la testa è bassa e potremmo pensare che Cellini abbia voluto rappresentare il momento il cui l'eroe fà il suo dono alla dea Atena per ringraziarla degli aiuti ricevuti da lei. 

A differenza dei colleghi pittori, Cellini raffigura una testa di Medusa alquanto sobria, con gli occhi chiusi e la bocca semi aperta. Nessun grido di paura o di angoscia, nessuna espressione straziata. Anche i rettili sulla sua testa appaiono composti e quasi statici. Il corpo del mostro giace inerte sotto i piedi di Perseo, della serie: "ma si... mi hanno fatto di tutto, ormai se mi calpestano anche da morta non me ne frega nulla". La statua viene scolpita da Cellini tra il 1545 e il 1553. 
Caro Benvenuto, il tuo è un capolavoro: Perseo è proprio un figaccione ma devo inserire una piccola postilla: potevi dotarlo virilmente un pò di più, in effetti; quel bottoncino stona proprio su un eroe di quel calibro!

Fine della favoletta. Morale: se siete molto belle, non sottolineatelo in modo esasperante postando continuamente vostre foto su Facebook o camminando a quattro metri da terra per strada; se avete capelli lunghi, fluenti e magnifici portateli con gusto e sobrietà; evitate di cadere ai piedi del belloccio di turno che vi racconta solo tante panzane e mirate a qualcuno che oltre ai muscoli e alle gambe depilate sappia usare anche i congiuntivi e la punteggiatura. Consigli forniti per evitare di incorrere nell'ira funesta di qualche isterica "dea" e in maschietti vuoti che hanno un unico neurone situato nel loro "bottoncino"!







lunedì 23 giugno 2014

Ode a Palermo

Quando dall'aereo comincio a intravedere il mare cristallino che bagna dolcemente le sue coste, sento le membra che, come per incanto, cominciano a rilassarsi e il respiro si fa più leggero. Appena metto piede nella hall dell'aeroporto Falcone - Borsellino tutto mi sembra più colorato, più gioioso e sento che la felicità si impossessa inspiegabilmente di me. Palermo mi fa questo effetto e, credo, lo faccia a tutti. Sono di Roma e non avrei mai pensato che un'altra città poteva farmi sentire così a mio agio, così a casa mia. E' stato subito amore a prima vista, fin dalla prima volta. Percorro l'autostrada che mi porta in città e l'aria di mare mi conquista, mi inebria. Se alla mia sinistra si dispiega il blu delle acque, alla mia destra c'è quel paesaggio roccioso, così particolare, che non è da meno nel stupirmi ogni volta. E tra il mare e le montagne si stende la città. Una città magnifica, che si offre senza remore in tutte le sue sfaccettature. Una città generosa, che ospita una popolazione altrettanto generosa e altrettanto festosa. Nonostante le difficoltà presenti in questa parte d'Italia, le persone ridono sempre, vociano chiassose, ti accolgono come se fossi l'ospite più atteso e più importante. Ti avvolgono con il loro accento e con il loro modo di fare che a me appare così familiare, così solare. Nonostante le molte contraddizioni che governano questa città, loro sono sempre pronti ad amarla, a presentarla come se fosse la città più bella del mondo, e, forse, è sicuramente una di queste. Fai un giro al centro e ti sfilano davanti strati di tempo, racchiusi in costruzioni meravigliose, quasi da favola: la cattedrale, imponente, che si staglia con il suo profilo, su un cielo blu, che più blu non si può; Palazzo dei Normanni, così semplice fuori e così ricco dentro, con i suoi mosaici e la Cappella Palatina; e poi il Teatro Massimo, il Politeama, la Piazza della Vergogna, i quattro canti, Ballarò e la Vucciria. Cammini e sei accompagnato dagli odori e dai rumori che a me appaiono come una musica meravigliosa, una musica "umana" e quotidiana. Ad ogni angolo ti puoi fermare a mangiare qualcosa di tipico, e sicuramente gustoso. Perché la cucina, qui, rispecchia il modo di vivere comune. Anch'essa è ricca e generosa e non ti stanca mai. Non so perché, ma a me tutto appare sotto un'altra luce, una luce che sono incapace di vedere in un'altra città. La meraviglia è a ogni angolo e anche se non si può certo dire che sia un posto tranquillo, a me Palermo regala la pace interiore e mi fa tornare la voglia di sorridere alla vita. 
Riprendo l'aereo per tornare a casa e, come ogni volta, sento quel vuoto dentro, dolcemente malinconico, che mi porta subito a pensare che non vedo l'ora di ritornare.
Questo è il motivo per cui oggi dedico questo post ad una città. Una città che sento mia e che, ogni volta che ci torno, mi fa innamorare sempre più perdutamente di lei. 

martedì 17 giugno 2014

Gelosia portami via

Il post che pubblicherò oggi non è mio ma di un mio carissimo amico +almax84 . Lui l'ha buttato giù per fare un semplice esperimento. A mio parere è venuto fuori qualcosa di poetico e di super azzeccato per i tempi che stiamo vivendo. Tempi in cui troppo spesso, ascoltando il tg, sentiamo di notizie dedicate nuovamente a qualche uomo (se così è lecito ancora chiamarlo) che non ha saputo accettare ed affrontare il rifiuto di una donna o l'abbandono da parte di quest'ultima. Uomini che non sono uomini e che, in barba al loro cosiddetto "sesso forte", trasformano il loro dolore in odio e cancellano la vita delle donne che, se invece amassero veramente, le lascerebbero andare. Ma l'articolo del mio amico non credo si voglia rivolgere solo a queste situazioni. La gelosia è la protagonista delle sue righe e credo si possa tranquillamente dedicare a tutte quelle persone che, con questo sentimento, soffocano gli altri e li rendono schiavi di terribili ossessioni. Buona lettura e buone riflessioni.
Gelosia portami via 

L'ultimo giorno dell'umanità, 
un uomo e una donna chiusero le tende 
e non curandosi più dell'aldilà 
riuscirono ad amarsi più teneramente. 
(Mannarino) 
 
C’è una certa saggezza intrinseca nei detti popolari, di una profondità da rimanerci fessi se solo uno si 
fermasse per qualche momento a pensarci. C’è un perverso gioco di dolore intrinseco nell'amore, al punto 
tale da pensare che senza quel gioco, l’amore non esista. Ma, come tante leggende metropolitane, questa 
affermazione è tanto vera quanto quella di affermare che attorno alla terra, in orbita geostazionaria, vi sia 
una tazzina di thé zuccherato a prendere il sole. Fisicamente possibile,certo, e mi si potrebbe dire, 
aggiungendo ‘prova a dimostrare il contrario?’ 
 Ma in questo giochetto,però, la responsabilità di dimostrare che la tazzina di thé abbia veramente preso 
residenza a 42168 km di altezza, a raffreddarsi un po’, non sta in chi vuole negare questa affermazione, ma 
in chi ci crede veramente. 
Come l’amore, guarda un po’. Sarebbe veramente assurdo che se io dovessi dire ti amo a qualcuno, la 
responsabilità di dimostrare che io la amo ricadesse sulle spalle di lei. N’evvero? 
La differenza risiede nella stessa differenza che c’è tra dolore e sofferenza. Il dolore ti blocca, ti impedisce di 
muoverti, di fare qualche passo in avanti, e ti allontana. La sofferenza è la prima reazione, ma bisogna avere 
il coraggio di superare sé stessi, e dire, no… non voglio sentirti lontana. 
Non può esistere amore senza sofferenza. Ma può esistere amore senza dolore. 
Per comprendere bene le cose però, è necessario estremizzarle, arrivare ai limiti, con i piedi sull'abisso, e il 
terrore di cadere. 
Si può scegliere? 
Gelosia portami via. Se in questa galassia dovesse per puro caso esistere qualcuno che di arte ne mastica 
più di me, gli vorrei chiedere di mostrarmi un quadro dove due amanti si guardano. Chiedo quindi agli 
operatori dietro le quinte, di includere un’eventuale simile immagine. 
 Allo stesso modo gli chiederei di mostrarmi un quadro dove due amanti si guardano,ma in gelosia. 
Supponiamo, per puro caso, che lo sguardo di gelosia risieda negli occhi di lui. Rabbia, odio, violenza. E’ 
tutto li, presente allo stesso momento, in quel luogo, in quel secondo, in quella mente. Un bel pacco regalo 
di emozioni inviato con un biglietto di saluti da parte della dolce amata. 
C’è una bella canzone dei The Killers- Mr. Brightside che dice 
Jealousy, turning saints into the sea 
Swimming through sick lullabies 
Perché è proprio quello l’effetto che fa. La gelosia ha il potere di trasformare i santi in demoni e buttarli nel 
mare, e allo stesso momento sentire le onde di dolci canzoni che ti accompagnano tra malinconia, odio, 
rabbia e un avvelenamento generale che ti fa paradossalmente sentire vivo! Diamine! 
 
In tutto questo marasma di emozioni, è persino contemplata la possibilità che egli pensi 
E poi ci sei tu. 
E ti voglio baciare talmente tanto 
Che sarei disposto a tagliarmi via la testa e lanciarla verso le tue labbra 
E sarebbe nei tuoi diritti 
Di schiacciarla via a terra. 
Ma così ridefinirei il significato di ‘hard core’ 
Dato che sarei li, buttato sulla punta dei tuoi piedi 
Perché solo Dio sa quanto sto provando 
A trovare il modo di rotolare verso di loro. 
E forse questo è un po’ esagerato 
Forse è un po’ inquietante. 
Ti ho detto che mi piaci? 
E se ti conoscessi meglio di quanto ti conosco 
Allora saprei che il modo giusto non è quello di essere inquietante. 
E allora come la vedi così: voglio baciarti come un ingorgo stradale 
Voglio muovermi lentamente 
Voglio fermarmi e partire come se sapessi che almeno sto venendo verso di te 
(Shane Koyczan- Stop Signs) 
 
Ma la rabbia, odio, e violenza gli impedirebbero di prenderla e di urlare tu sei mia! 
La frase più romantica che ho sentito, sul 146, è stata ‘mortacci tua quanto te amo!’. Forse, anche questa 
andrebbe bene. 
Dietro la botta del furore, in realtà, questo è quello che si nasconde. Questo è quello che sempre si 
nasconde. 
Basterebbe allora arrendersi all'evidenza e dire ‘ti prego, rimani qui, rimani con me’. E travolgerla come una 
valanga travolgerebbe una casetta di legno che dovesse trovarsi sul suo percorso. 
L’orgoglio del ‘io sono più importante’, del ‘come si permette’, gli impedirebbero di essere consapevole di 
tutto questo. Penserebbe solo a sé stesso, e a quanto quel qualcosa gli dovesse dar fastidio. Quindi la 
gelosia ti prende, e ti porta via. Esattamente, ti prende e ti porta via. Da lei. 
Non permettere mai all'amore per sé stessi di dimenticare l’amore per l’altro. 
 
L’amare è un dolce cullarsi nell'oceano di gioie e sofferenze. Ma si tenga lontano il dolore, perché quello, vi 
allontanerà. 
 
 

venerdì 13 giugno 2014

Cosa significa essere "eleganti"?

Oggi parliamo di "eleganza". Stanotte ho sognato che avevo aperto un blog sull'eleganza femminile. Stamattina, mentre sbranavo senza pudore la mia colazione, ci ho rimuginato un po su e mi sono detta: "io che parlo di eleganza? Ahahahahahahahah". Poi ci ho rimuginato un altro po e ho pensato: "prendiamo ispirazione per il mio prossimo articolo". Insomma il mio blog è dedicato alle donne e l'eleganza dovrebbe e, sottolineo dovrebbe, essere una naturale tendenza femminile, un po come per i maschi, per i quali dovrebbe (e sottolineo ancora di più dovrebbe) esserlo la cavalleria (ahahahahahahahahah). Io non mi ritengo particolarmente elegante e mi accorgo anche di non vivere in un'epoca particolarmente elegante. Ma, in effetti, sappiamo davvero cos'è l'eleganza? Vediamo un po di approfondire la questione. 

Sbirciando sul vocabolario veniamo a scoprire che è "elegante" una persona che possiede grazia e semplicità, un tipo raffinato e di buon gusto; e ancora chi ha un certo pregio estetico. Leggendo questa definizione, la parola che più ha attratto la mia attenzione è stata "semplicità". Eh si, questa sconosciuta. Dico sconosciuta perché ultimamente non sappiamo neanche dove sta di casa. A quanto sembra quindi l'eleganza è legata alla semplicità e anche alla grazia. Ora ragazze mie: quante donne conoscete che posseggono questi tre attributi? Io, personalmente, ben poche. Basandomi sulla mia esperienza maturata fin qui posso affermare, però, un po di cose: ho visto donne avere addosso migliaia di
euro di abiti, scarpe e accessori, convinte di essere eleganti, ma aprire la bocca ed emettere gli stessi suoni della Cloaca Maxima nell'antica Roma, della serie: c'avrai pure un paio di scarpe da 700 euro ai piedi ma uno scaricatore di porto farebbe una figura migliore. Ho visto donne credere che, per esprimere eleganza e seduzione, basta vestirsi come se si dovesse interpretare un porno e fare finta, nello stesso tempo, di essere pudiche (avete presente quelle che si mettono le minigonne giro-vagina e passano la serata a cercare di tirarsela giù? Proprio loro). Ma ho anche visto donne con un jeans e ballerine camminare per strada e incedere con un passo magnifico, caratterizzato da una movenza fluida e naturale, e attirare gli sguardi di tutti. Ho visto donne vestite con abiti che si possono comprare senza accendere un mutuo ed incarnare la grazia, così, con una naturalezza spaventosa. 
A questo punto vi dico anche che l'eleganza non è solo in ciò che indossiamo; l'eleganza non è nei vestiti, nelle scarpe, nelle borse. L'eleganza sta anche in come ci esprimiamo, in come ci muoviamo, nel modo in cui interagiamo con le altre persone, nel nostro grado di educazione, nel nostro modo di affrontare la vita e di rispondere alle svariate situazioni che ci si presentano. Una donna dovrebbe essere elegante anche quando parla, quando gesticola, quando scherza; ho imparato che gli uomini apprezzano moltissimo le donne che, quando stuzzicate, sanno rispondere con una certa "elegante" arguzia; senza parolacce, senza toni aggressivi, seduttrici ma non provocanti, sottilmente sensuali.
L'eleganza si dovrebbe esprimere in tutto quello che facciamo, persino le figure di cacca. Ora voi mi direte: ma queste sono doti innate, o ce l'hai o non ce l'hai. Diciamo che questa affermazione è vera a metà: si sono doti innate e nessuno lo mette in dubbio. Ma credo anche che nella vita c'è sempre tempo per migliorare e per cambiare ciò che non ci piace. Fate vostre la semplicità e la grazia. Non è vero che queste cose non vanno più di moda. Non c'è bisogno di mettersi kg di ombretto, di eye liner, di rossetto; non c'è bisogno di mettere tacchi e zeppe alti 30 cm rischiando di rompersi il collo e camminando come i T-rex; non c'è bisogno di urlare come scimmie, scattarsi selfie con le bocche a culo di gallina e le tette in bella mostra; non c'è assolutamente bisogno di coprirsi di: unghie finte, ciglia finte, autoabbronzante; non c'è bisogno di ricorrere alla chirurgia plastica per schiaffarsi su una sesta di seno o delle labbra che sembrano canotti: il peso delle tette vi rende gobbe, è noto che le tette finte sono perennemente fredde e le labbra gonfie come se si fosse in stato di shock anafilattico vi assicuro che non piacciono a nessuno. 
Un'icona di stile insindacabile come Coco Chanel, soleva dire: "spesso togliere è meglio che aggiungere". E il grande Giorgio Armani fà anche meglio : "l'eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare". E potete non ascoltare Chanel e Armani???
Meditate ragazze meditate...

mercoledì 11 giugno 2014

Donne nell'arte: per la serie "amori da favola": Psiche!

Amore, gelosia, invidia, mistero, meraviglioso lieto fine. Non sono gli elementi di un romanzo che mi accingo a scrivere ma quelli di una storia che, nel corso del tempo, ha ispirato moltissimi artisti, che l'hanno rappresentata in mille modi.  Parlo dell'avventura amorosa di Eros e Psiche. Eros sappiamo tutti chi era: il super figo dio dell'amore fisico e del desiderio, figlio dell'ancora più super figa Afrodite, nientepopodimeno che dea della bellezza, della generazione e della fertilità. Psiche la conosciamo un po di meno. Lei era la terza figlia di un re e di una regina. Le prime due sorelle erano riuscite ad accasarsi e a metter su famiglia ma lei ancora niente e sapete perché? Perché era bellissima. Di una bellezza talmente splendente e sfolgorante che nessun uomo aveva il coraggio di corteggiarla (ammazza che fortuna!). Si credeva addirittura che fosse l'incarnazione di Afrodite sulla terra e, così, tutti presero a venerarla, cominciando a trascurare gli altari della vera dea della bellezza. Eresiaaaaaaaaaaaaaaaaa! Noi donne non accettiamo simili affronti e la meravigliosa Afrodite tanto meno, vista la sua abitudine a spiccare sulle altre. Che succede allora? Succede che la dea, presa da incontenibile invidia ed ira decide di punire la tizia che le sta rubando la scena: incarica il figlioccio Eros di colpirla con una delle sue proverbiali e direi anche dannose frecce, per farla innamorare dell'uomo più sfortunato della terra così che avrebbe vissuto per sempre una vita di infelicità e povertà. L'obbediente Eros passa all'azione ma, quando vede per la prima volta Psiche, ne rimane folgorato e, confuso da cotanta beltà, lascia cadere una freccia sul suo piede cosicché lui stesso si innamora perdutamente della fanciulla. 
Nel frattempo i genitori di Psiche, preoccupati del fatto che non riescono ad accasare sta benedetta figlia, decidono di consultare l'oracolo di Apollo per sapere se avrebbero mai trovato un marito. L'oracolo gli risponde che, per far sì che ciò avvenga, Psiche deve essere lasciata sulla cima di una montagna, vestita da sposa e lì sarebbe stata corteggiata da un personaggio addirittura temuto dagli stessi dei. Complimenti all'oracolo che propone queste soluzioni così semplici e pratiche! I genitori di Psiche gli danno ascolto (cosa non si fa pur di trovare marito ad una figlia) e lasciano questa poveretta sulla cima di una montagna, di bianco vestita, pronta per essere sposata da questo fantomatico personaggio. Giustamente Psiche, stanca di aspettare, si addormenta. Ecco che arriva Zefiro, il quale la trasporta dolcemente su un letto di fiori profumati nel quale, la mattina dopo, la ragazza si sveglia. Quale meraviglia nell'apprendere che si trovava in uno straordinario palazzo, bellissimo e colmo di ricchezze di ogni genere. Immaginate di svegliarvi in una gioielleria di Tiffany e scoprire che è tutto vostro...questa fu la sensazione di Psiche! Ma non è finita qui! Verso sera, stanca della giornata passata fra tutte quelle ricchezze, si addobba su bel giaciglio per riposare ma, e qui viene il bello, si accorge di non essere sola. Un'ombra è al suo fianco. Subito si spaventa ma, dopo un caldo abbraccio, l'ombra la tranquillizza sussurrandole che è il suo neo sposo ma che non avrebbe mai dovuto fare domande sulla sua identità se non voleva essere abbandonata. Vi dice qualcosa questa storia? Credo di si...ma andiamo avanti. Lei acconsente e passano una notte da urlo (mica scema Psiche). Avete capito chi era l'ombra? Ma siiiii...l'aitante Eros. E chi sennò? I giorni passano e la brava Psiche non fa domande e aspetta tutto il giorno il suo amante che, ogni notte, torna nel suo talamo e fa vedere le stelle a Psiche. Ma lei dentro rode di curiosità e, si sa, la curiosità è donna. Una notte, prende il coraggio a quattro mani e, cogliendo l'occasione del sonno profondo di lui (è noto che gli uomini dopo l'orgasmo cadono in catalessi) decide di illuminare il viso dell'amato con una lanterna e...sorpresaaaaaaaaa! Ma è Eros!! Riccioli biondi, fisico scultoreo e arco e frecce al fianco del letto. Proprio non si poteva confondere. Ma Psiche non si accontenta. Prende in mano una freccia, si punge, il suo amore si accende ancora di più e, presa da incontenibile passione, si lancia su di lui per baciarlo appassionatamente ma, mentre lo fa, una goccia di olio della lanterna cade su Eros. Lui si sveglia e, tenendo fede alla sua promessa, scappa via e abbandona Psiche. A Psiche ma posare la lanterna no??? Eros torna dalla madre, Afrodite, la quale si incazza a dir poco, mentre Psiche, distrutta dall'abbandono del suo amante decide di andare sull'Olimpo a chiedere perdono ad Afrodite stessa e agli dei. Figuratevi la faccia della dea quando vede sbucare Psiche a casa sua. Non solo la curiosità ma anche la vendetta è donna! Afrodite la punisce e la fa flagellare dicendole che questa era la punizione per aver ferito il figlio ed essere diventata nemica degli dei. Ma la vendicativa dea non si accontenta e assegna a Psiche numerose prove che, se superate, frutteranno il perdono divino. Tutte prove assurde, ovviamente. Ma, con una buona dose di aiuti dall'alto, Psiche riesce a superare tutte le prove. Nel frattempo Eros, preso da una nostalgia infinita per Psiche, va da Zeus e lo implora di permettere il suo matrimonio con la fanciulla. Il caro vecchio Zeus non riesce proprio a dire di no e ammette finalmente la bella Psiche al banchetto divino. Lei beve il nettare degli dei, diventa una dea, si sposa con Eros e torna la pace con Afrodite. Da questa unione nascerà una bellissima femminuccia al quale verrà dato il nome di Voluttà (anche questo vi dice qualcosa scommetto). 
Bella storia vero? Psiche è la curiosità fatta femmina e questa curiosità la paga a caro prezzo. Bellissima e invidiatissima addirittura dalla dea della bellezza in persona. Diventa ricca in un istante facendo innamorare proprio Eros che le regala numerosi momenti di piacere. Insomma chi di noi donzelle non vorrebbe essere per un pò nei panni di Psiche? E gli artisti? Come l'hanno celebrata la sua proverbiale bellezza? 


Quante di noi sogniamo di fronte a questa immagine? Eh si... i sospiri di sprecano. Antonio Canova non poteva fare di meglio. Credo non ci sia opera d'arte dedicata a questa bellissima storia più azzeccata di questa. La scultura è del 1793 e Canova non immaginava neanche lontanamente l'effetto che avrebbe fatto ai posteri. In un meraviglioso e armonico chiasmo, lo scultore concentra il sentimento amoroso tradotto in materia. Psiche è elegantemente abbandonata tra le braccia del suo Amore che la guarda intensamente mentre le sta promettendo un bacio che la farà letteralmente svenire. Wow. Tanta invidia. E formidabile Canova.






Anche William-Adolphe Bouguereau decide di impegnarsi nella rappresentazione del mito di Amore e Psiche e ti tira fuori questo bellissimo dipinto del 1895. Lui era un accademico francese e i francesi, in fatto di romanticismo, ne sanno qualcosa. Qui rappresenta i due splendidi amanti mentre si libr
ano in volo. Sono bellissimi, perfetti, scultorei e felici. Il viola e il lilla fanno da padrone in questa splendida tela e contribuiscono a renderla, a mio avviso, ancora più voluttuosa e sensuale. E poi vogliamo parlare del gesto teatrale di lei? Sembra che sta reprimendo a stento un brivido di piacere. Bravo William!



L'artista neoclassico per eccellenza non poteva non dedicare una delle sue tele a questo tema. Devo dire però che il mio caro Jacques Louis David ha reso questo episodio molto più "terreno" di altri artisti che lo hanno celebrato. Eros ha una faccia a dir poco da ebete e se la ride alla grande come se stesse dicendo: "ammazza Psiche sarai pure bella però te sto a fregà come se niente fosse" (scusate il francesismo). Sembra che stia lì lì per scappare da quella stanza, però nel frattempo un'altra palpatina alle tette di Psiche la dà. Psiche è abbandonata (e sembra pure soddisfatta) in un profondo sonno, tutta nuda, e non si accorge minimamente di quello che il suo amato Eros sta facendo (secondo me sta scappando lo ripeto). La tela è del 1817 e, mio caro Jacques, potevi fare di meglio. 

La morale della favola? Donne che cercate marito: se questo benedetto uomo proprio non lo trovate, provate a metter su un bel vestito da sposa comprato da Kleinfeld a New York, scalate il K2 e addormentatevi sulla cima della montagna...Eros potrebbe essere nei paraggi :D