Ci avete mai fatto caso? Anche se salite su un taxi solo una volta ogni tanto, inesorabilmente il cellulare del taxista squillerà. Dall’altra parte c’è una fidanzata che vuole sapere tutto, ma proprio tutto, ciò che il pover’uomo sta facendo: dove sta andando, quando tornerà, quante corse ha fatto e, potendo, anche l’identikit della passeggera del momento. Le fidanzate dei taxisti (fidanzate, si immagina, e non mogli, che forse sarebbero più disincantate e meno attente) sono gelose, e a ben pensarci ne hanno qualche ragione. Chi guida un taxi è (spesso) un formidabile individualista, uno che ha abbandonato la fabbrica o l’ufficio per non avere più a che fare con capi e colleghi; un veterano della giungla urbana che, perlopiù, nella sua vita privata ha scelto di vivere fuori città, tra Caselle e Cumiana, Chieri e Nole, possibilmente in compagnia di grossi cani. Incontrollabile, dunque, poiché privo di orari e sede fissa, e potenzialmente libero di trasgredire dove e come vuole. Un vantaggio però c’è, anzi due: costrette ad ascoltare i monosillabi del taxista versus fidanzata, le passeggere come me si rieducano e imparano che cosa non fare e non chiedere al proprio partner. Inoltre, il senso di colpa per le telefonate che noi infliggiamo ai taxisti viene cancellato, per par condicio. E il taxi torna ad essere quello che deve: un piccolo lusso, un’oasi di pace dove, finalmente, potersi confidare con le amiche.
foto di Marc oh! tratta da Flickr